Beau Geste
Eneide, Un Nuovo Canto 2014 - Rock, Progressive, New-Wave

Eneide, Un Nuovo Canto
08/10/2014 - 09:36 Scritto da Antonio Belmonte

Grazie a MusicRaiser finalmente su disco la rivisitazione della mitica “Eneide di Krypton” dei Litfiba, a questo giro riarrangiata dai Beau Geste.

Forse basterebbe, da solo, il didascalico reportage di Francesco Saliola – pubblicato proprio su queste pagine lo scorso luglio – per far comprendere agli eventuali disinformati di turno quanto L’”Eneide di Krypton” abbia rappresentato – e rappresenti tuttora – uno dei capitoli fondamentali dell’avanguardia teatrale italiana, per aver dato luogo, nell’ormai lontano 1983, a quell’inter-epocale amplesso artistico tra l’antichissimo poema epico per eccellenza e l’allora attualissimo fermento new wave che scelse Firenze come suo baluardo tricolore; il tutto all’interno di una futuristica cornice scenica che ridisegnò le coordinate della comunicazione visiva.
Quella della compagnia fiorentina Krypton rappresentò, dunque, una rilettura (post)moderna e spregiudicatamente spettacolare della più celebre opera virgiliana, la cui partitura sonora fu commissionata a degli ancora sconosciuti Litfiba i quali, su quei 6 didascalici commenti musicali, costruirono il proprio esordio ufficiale su album.

A distanza di ben 31 anni dalla prima al Teatro Variety di Firenze, una riedizione di quel mitico spettacolo, fortemente voluta dai suoi originari creatori – e ribattezzata per l’occasione “l’Eneide di Krypton: un nuovo canto” – è stata allestita lo scorso maggio presso il Teatro Studio di Scandicci e, grazie al preziosissimo supporto crowdfunding di MusicRaiser, cristallizzata da Tannen Records su un doppio vinile deluxe.
Al posto dei Litfiba ci sono, a questo giro, i Beau Geste (Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli e Antonio Aiazzi) a musicare dal vivo le narrazioni di Giancarlo Cauteruccio, alter ego di Enea e voce fuori campo. I brani da 6 diventano 12 – grazie al restyling di alcune composizioni degli stessi Beau Geste risalenti alla seconda metà degli anni ’80 – a irrobustire una trama orchestrale vestita di nuove sfumature elettroniche e magistralmente depurata dagli anacronismi di troppo. Così come s’irrobustisce il contraltare lirico, non più mero ornamento evocativo (originariamente relegato al solo “Racconto di Enea” recitato da Pierò Pelù) bensì colonna portante dell’intero concept.
Cambiano i suoni, gli equilibri narrativi, cambia la pelle, dunque, ma non il cuore né il sangue che, con immutata densità immaginifica, continua a irrorare, come nella prima versione, la solitudine di un (anti)eroe squarciata da guerra, dolore, morte, amore, resa e riscatto. La riscoperta bellezza di questo “Nuovo Canto”, alla fine, sta proprio nell’aver ribadito, alla luce di una rinnovata sensibilità musicale, la tenuta artistica di un capolavoro antico persino al cospetto di un duplice stress da modernità.

Nulla da eccepire, quindi, né tradimenti né compromissorie ruffianerie a stravolgere l’epica visionaria e romantica del suo predecessore, qui riverberata da una darkwave minimale per addendi ma tridimensionale per pathos: centellinatevi l’apertura cosmico-progressiva che incornicia magnificamente “Le parole del ricordo”, lasciatevi turbare dall’enfasi apocalittica de “La tempesta” e dalle tetre sospensioni Curiane di “Approdo sulle coste della Libia”, fate vostre le sofferenze d’amore di Didone attraverso la toccante vocalità di Ginevra Di Marco, riabbracciate la new wave che torna prepotente, nel suo miglior vestito elettronico, a supportare il recitato tragico di Cauteruccio ne “Il racconto di Enea”, abbandonatevi all’angoscia di “Tra le ombre” che suggella il trionfo della morte, come in una sorta di sintetico “Dies Irae” miniaturizzato, cavalcate la paura sul nerissimo climax de “La battaglia”, adagiatevi su “Il canto dei latini” che, rispetto alla versione originale, smorza le celebrative frequenze simplemindsiane per distendersi su più ariosi registri cinematografici, e riacquistate, infine, piena consapevolezza dei vostri tempi col (nuovo) epilogo di “Clandestini”, riconoscibilissimo aggancio tematico alla nostra drammatica contemporaneità.

Questa dei ritrovati Beau Geste è una grande polaroid chiaroscurale di un’opera appassionata, viscerale, panoramica e moderna – dove persino il citazionismo diventa rinascita – che rende (nuovamente) grazia al “Poema dei vinti” e che meriterebbe, a sua volta, il conferimento di una meritata autorevolezza didattica. Una polaroid che avrebbe forse distolto dal suo insano intento persino quello stesso Virgilio che, ricordiamo, scelleratamente “dell’Eneide voleva far cenere”.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.