Il primo album di Mezzala si chiudeva con una descrizione dolceamara della vita da “rocker carbonaro”, fra serate pagate una pizza (solo margherita) e gente che non capisce che suonare e scrivere è un lavoro, e pure duro.
Sono questioni che evidentemente stanno parecchio a cuore al cantautore, visto che anche in questo nuovo lavoro non lesina considerazioni sull'essere musicista oggi. In particolare – anche qui in chiusura – sentiamo Zibba, in “Chissà”, recitare questi versi: “caro Mezzala hai del talento/scrivi in modo originale e profondo/il tuo è un pop intelligente/mi ricorda molto il mondo di quei cantautori romani/fai piacevoli canzoni ma non basta/si tratta purtroppo di musica molto difficile da collocare/le radio non ti passerebbero/(ora siam sui talent)/ma tienimi sempre e comunque aggiornato/ascolto molto volentieri: hai un bel mondo”.
Ora, non sappiamo se tali parole gli siano state rivolte davvero da qualche addetto ai lavori ma forse, tolto anche questo dente, è il caso di smettere, per non rischiare di sembrare quello che si crogiola nel vittimismo autocompiaciuto. Sarebbe un peccato, una cosa che adombrerebbe la verità che c'è in quei versi: “hai del talento, scrivi in modo originale e profondo, il tuo è un pop intelligente, hai un bel mondo”. È tutto incontestabile: le canzoni di Bitossi sono sempre deliziose, i testi essenziali e incisivi, gli arrangiamenti ricchi ma sobri, l'ispirazione eclettica fluttua fra Battisti, il country, i tropici e Sanremo senza darsi tante arie.
Così pop che sarebbe anche facile da “collocare”, se le cose andassero in modo diverso (e migliore). Ma tant'è. L'unica cosa da fare è non smettere mai di provarci ed essere se stesso, anche quando, come dice il testo scritto da Matteo B. Bianchi per “Capitoli primi”: “firmavo progetti importanti/nelle mie fantasie nebulose/ma i riconoscimenti/alla fine li hanno avuti tutti gli altri”.
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