An Cat Dubh CDa 2003 - Rock

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Friedrich Nietzsche affermava che l’arte fosse imitazione al 99%. Anche prendendo per buono l’aforisma, è lecito dubitare che il filosofo tedesco intendesse dire che il modello da imitare nella propria espressione artistica dovesse essere uno solamente.

L’impressione che questi brani siano nati dalle ceneri di una tribute band degli U2 è qualcosa più di un sospetto. Dal drumming allo stile di esecuzione, dalle timbriche fino a piccoli tic dell’interpretazione canora, tutto chiama a gran voce il nome del quartetto irlandese. La cosa, comunque, lungi dall’essere involontaria, è al contrario spudoratamente confessata dal nome del gruppo, che è appunto il titolo di un brano di “Boy”.

Questo non significa che gli An Cat Dubh, sedicente pop-rock band, non siano bravi a suonare. Anzi, ascoltando un pezzo come “Le mie mani contro il vento” o come “Su di me”, si può ammettere che il sound sia più che valido e che il meccanismo d’interazione tra i musicisti sia ben rodato. Soprassedendo sui testi non molto entusiasmanti e su qualche limite tecnico del vocalist che affiora saltuariamente, resta comunque il grosso problema che qui nulla è farina del loro sacco.

Dov’è finito il residuo 1%, allora? Non bastando evidentemente la scelta del cantato in italiano a disconoscere i riferimenti calligrafici della band, la loro personalità potrebbe essere stata relegata per intero nell’ultima traccia: lo strumentale “Al buio”, parentesi electro ambientale posta nell’area chill-out del disco e del tutto estranea al precedente tenore rock, segna il punto dell’originalità che, in coda a nove brani di una referenzialità spudorata, degrada ad un’ispirazione non realizzata, declassificata a riempitivo.

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La recensione CDa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-03-09 00:00:00

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