Elara In the depths of time, in an ocean made of stars 2015 - Strumentale, Post-Rock, Ambient

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Dagli sbarazzini ombrelloni di Cecina alle stupefacenti terre d’Islanda il passo è breve, quando si tratta di post rock.

Certo che Tolkien è proprio un osso duro. Lo scaraventi a pedate fuori dalla porta e lui ti rientra baldanzoso dalla finestra, come un Babbo Natale qualsiasi. Non ce ne sbarazzeremo mai! Gli Elara da Cecina lo fanno addirittura accomodare sui propri amplificatori dedicandogli praticamente un disco intero che guarda al suo The Silmarillion come esclusiva fonte d’ispirazione. Insomma, dai vecchi gruppi prog folk di una volta a tutta la più recente confraternita di band epic metal la fervida immaginazione dello scrittore inglese sembra farla da padrona.

Ma gli Elara non suonano né prog folk né epic metal bensì un post rock dalle inconfondibili tinte nordeuropee, inafferrabile non-luogo sonico dove tutto nasce e si esaurisce all’interno di una natura benevola e trionfante. Luigi Cerbone, Alessio Tozzini e Vincenzo Barbone imparano a memoria la lezione dei Sigur Rós e in appena tre composizioni – spalmate coraggiosamente su 30 minuti abbondanti – provano a simulare la gestazione di un universo immaginario, delegando agli umori della chitarra, agli scintillii delle elettroniche e alle contratture della base ritmica l’ingeneroso compito di sonorizzare l’amplesso primordiale tra i 4 elementi naturali.

In un turbinio emotivo di pace interiore, rapimento mistico e stupore annichilente si dipana quel (classico) gioco di sospensioni e deflagrazioni strumentali, riposi armonici e bagliori celebrativi (con i 65 Days Of Static e i Mogwai sempre in agguato quando si tratta d’infiammare le valvole) che nella parte conclusiva della monumentale “Tell me your theme and I’ll show you the world” raggiunge la sua massima espressione scenica (se ne consiglia l’ascolto ad occhi chiusi dal 16° minuto in poi) prima di sprofondare definitivamente nel sonno cosmico di un finale krautiano.
Tante buone vibrazioni, poche incertezze tecniche, nessuna forzatura degna di nota e giusto qualche volume da rivedere all’interno di questa godibile mezzora sganciata dal tempo e dallo spazio, vivamente raccomandata a chiunque voglia beatamente teletrasportarsi dagli sbarazzini ombrelloni di Cecina alle stupefacenti terre d’Islanda.

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La recensione In the depths of time, in an ocean made of stars di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-29 09:50:00

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