Zoo di Venere s/t 2004 - Rock

s/t precedente precedente

A volte le foto promozionali sono davvero illuminanti e un ottimo viatico alla miglior comprensione di un disco. Il look dei romani Zoo di Venere ha dei precisi riferimenti: l’icona pop Usa anni 80 Pat Benatar (impressionante la somiglianza fisica e nel modo di cantare della vocalist Luana Caraffa, che rifà anche molto ad Anna Oxa), i Missing Persons (stessa epoca, stessa nazione), il periodo new wave dei nostrani Matia Bazar. Nei primi 90, un riferimento è senz’altro quello degli inglesi Curve. Il duo femminile Federica Colangelo e Sabrina Scriva ricalca invece le Heart. I due maschietti copiano il look rispettivamente di Warren Cuccurullo (sempre Missing Persons e poi Duran Duran) e di Carlo Bertotti (sempre Delta V).

Un po’ fuori tempo massimo e un certo sapore di strategia eccessivamente studiata a tavolino. Cosa però del tutto trascurabile se poi non giungesse la musica a confermare le impressioni negative. Lo Zoo di Venere propone infatti una versione rockeggiante della sempre dura a morire “melodia all’italiana”, intesa nelle sua versione più deteriore e kitsch. Per intenderci, sono perfetti per uno show televisivo nazional-popolare del sabato sera. A presentarli non ci starebbero male né Panariello né Carlo Conti né Gerry Scotti.

In più, non si tratta neppure di canzoni troppo originali. Un paio di esempi. Il ritornello di “Killer” ricorda un po’ troppo la melodia di “Jà sei namorar” dei Tribalistas, che a sua volta plagiava “Sul filo” dei Delta V (la tribalista Marisa Monte ha vissuto in Italia ed ha avuto tutto il tempo di imparare…). “Sì” si apre invece con la riproposizione del riff di chitarra di “Wonderful tonight” di Eric Clapton (già plagiato dagli Suede in “Saturday night”). Il brano, comunque, è insostenibile, nonostante il ritornello orecchiabilissimo. Che riesce comunque a sapere di già sentito.

La band non ha certo un punto di forza nei testi, che si candidano prepotentemente alla presenza in una futura rubrica sul kitsch del primo decennio del 2000: “Vado a letto ogni notte - Ad un quarto alle tre / Tu con le tue mignotte per dormire senza me / Ma io non posso dormire - Perchè sognerei te / E ti sentirei dire che puoi stare - che sai stare senza me” (“Noi senza noi”). Piaciuto?

Eppure, gli Zoo di Venere hanno avuto il loro singolo “Killer” (sempre lui) presente nelle colonne sonore di "Ricordati di me" di Muccino e "Liberi" di Tavarelli: questo fa piacere, perché evidentemente hanno un buon manager o delle buone amicizie. E non c’è nulla di male ad averli. Solo che bisognerebbe esserne all’altezza.

Conclusione? Gli Zoo di Venere sono in definitiva una band di pop melodico all’italiana, travestiti da presunta rock band alla moda “trasgressiva de noantri". Operazione già vista, specie in tv: mille lustrini all’amatriciana, presunta ultima moda con un sapore stantio di vecchia cucina di borgata (chi si ricorda il Masini metallaro di “Scimmie”?). È proprio questa insincerità di fondo che dispiace, e ricorda troppo quella di programmi tv come “Amici”, “La vita in diretta”, “Il grande fratello”. Ma chi gradisce De Filippi, Cucuzza e la bifolca Floriana tutta griffata, potrà forse apprezzare anche questa band di hard pop cafone.

---
La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-11 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia