IL LUNGO ADDIO FUORI STAGIONE 2016 - Cantautoriale, Pop, Folk

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Un disco malinconico ma alla lunga un po' stucchevole

"Fuori Stagione" è il ritorno di Fabrizio Testa, milanese che, tra le altre cose, si esprime con il progetto Il Lungo Addio, in onore (forse) del romanzo noir di Raymond Chandler.

L'apertura del disco, "Le Sei del Mattino", con quella tromba spompata è Paolo Mei che, con il suo Circo d'Ombre, gira su due accordi di chitarra. I fiati, messi lì a rabboccare una canzone già piena di pervicace malinconia, accompagnano il ritorno a casa dell'artista dopo una sbronza in discoteca: lo scenario di quando le strade sono vuote ed è più giorno che notte; probabilmente è l'albeggiare di una giornata di mezz'estate, da qualche parte del mondo sotto Ravenna. Si tratta, fondamentalmente, della stessa malinconia che sa sprigionare una località marittima nel periodo autunnale, prima che i ricordi di agosto sfumino sotto il chiacchiericcio della quotidianità invernale. Ed è questo, d'altronde, il tema della title-track ("mi rimane di te solo una fotografia/[...]anche gli ultimi stronzi se ne vanno via"), la latitudine del disco in cui qualcosa dei Non Voglio Che Clara emerge timidamente.

Un lavoro con un titolo così, ambientato tra Cattolica e Cervia, in fin dei conti non poteva che essere malinconico. Non che sia un punto debole, se si girasse al largo dall'essere monotematici. Invece le strade deserte e la nebbia romagnola, in questo ultimo lavoro di Fabrizio Testa, ridondano stucchevoli. Che poi le vicissitudini adriatiche portino a separare dal marasma della mente "Le vacanze dell'ottantatre" dei Baustelle è soltanto un fatto ultroneo e superficiale, benché la voce di Testa ricordi innegabilmente Bianconi e il disco sia puntellato qua e là di elementi baustelliani: non c'è il parossistico citazionismo, ma quegli inserti socio-culturali a sovrastare/accompagnare l'apparato strumentale sì (il telegiornale che dà la notizia della morte di Pantani in "Residence" o gli orgasmi teutonici sul finale di "Una Tedesca", il migliore episodio dell'album).

"Il Presidente" (con sonorità à la Calexico) e "In Tre Su Una Uno" tornano su quello scenario mortificante che può dipingere soltanto un posto in inverno, quando quel posto è quello in cui "vita" si pronuncia "estate". 

Alla fine di questo album miniaturizzato, di venti minuti scarsi, impreziosito, peraltro, dal cameo di Xabier Iriondo in "Dancing", quello che rimane tra le dita è davvero poco. Cantilene, costruzioni basilari, testi banali (in strada ci son solo io / non c'è nessuno / neanche Dio [...] / solo nebbia attorno a me / e camminando penso a te), qualche voluta (voluta?) stonatura e nessuna melodia che tenga. Se l'intento è la trasposizione musicale di un ambiente o di uno stato d'animo (la riviera fuori stagione) l'obiettivo può considerarsi parzialmente riuscito. Il punto è che la noia rimane noia, che la si provi alla vista di una pineta brinata o all'ascolto di un lavoro musicale.

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La recensione FUORI STAGIONE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-04-18 00:00:00

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