Lucid Dreams Decay 2016 - Noise, Post-Rock, Ambient

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Noise, post-rock e cenni progressive per un ep che lascia pochissimo spazio a sollievi e distensioni.

Il concetto di decadimento è uno di quegli aspetti che spazia dalla sociologia, quando è culturale, alla letteratura, se diviene decadentismo, o alla fisica subnucleare se radioattivo. Anche all'interno della musica è spesso presente perché quest'ultima accompagna a braccetto, da sempre, qualsiasi scienza o tendenza legata all'uomo. Oltre alla musica classica, infatti, nell'ambito della musica odierna è trattato non molto di rado all'interno del rock. 

Con i loro sogni lucidi e nitidi richiamati dal nome della formazione, i Lucid Dreams si sono riproposti di raccogliere una metanarrazione musicale all'interno del loro primo ep "Decay". Le biro di scrittura dell'elaborato sono essenzialmente post-rock, potente e deciso, e progressive per nulla estremizzato. La scenografia di questa narrazione alienante parte e si sviluppa tra stelle e spazio per poi decadere sino ad un livello più terreno con la traccia "Blossom of the Desert" e concludersi con il presagio nefasto di una fine all'interno del centro della Terra in "You will succumb under the subterrean fire".  

Le chitarre profonde e distorte, la voce di Samuele Cima pari quasi sempre a un sussurro, rumori a sfondo reale a volte di arduo collocamento (vedi il famoso suono del modem con connessione internet "56k" che segue delle urla di qualcuno trafitto da un brutale omicidio, tra una porta che si apre e degli oggetti che cadono) non fanno altro che intingere la descrizione sonora presentata di un carico strumentale persistente ma, ad ogni modo, coinvolgente.
Degne di nota risultano le tracce "Istar" ma soprattutto "In Time". In quest'ultima, la linea di basso raggiunge il visibilio del progressive rock dopo una curiosa apertura del pezzo con un jingle jazz americano degli anni '20. Da sottolineare poi, in successione, l'intermezzo angoscioso ma catturante di piano di Mattia Piscitelli nella successiva "LOST" seguito da una batteria scandita e cadenzata che da il via alla classica bordata di chitarre post-rock che qui raggiungono l'apice dell'ep. Tutto svanirà nel successivo intro di "In Space" che appare un innegabile tributo al capolavoro "Space Dementia" dei Muse e, se "Origin of Symmetry" si trattava solo del primo super album dei britannici, non resta che immaginarsi "Decay" come l'inizio di un percorso musicale con pendenza, però, del tutto opposta a quella associata al concetto di decadimento.

 

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La recensione Decay di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-10-18 00:00:00

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