Float Float 2017 - New-Wave, Post-Rock

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Un disco dove arrangiamenti dilatati e progressioni lineari conducono verso luci d'incanto.

Chiuso in un ambiente piccolo, in una stanza spoglia, questo disco osserva il mare generando un movimento circolare dal respiro intenso e costante, un movimento cantautronico che sposa la forma canzone e il profondo intimismo con tappeti sonori elettronici, puntini di minimale eleganza collegati tra loro da un vento leggero.

L’esordio di Float, ovvero Alessio Bosco, è un angolo di chiaroscuri dove la voce trova nella perseveranza e nel freddo la sua via, una voce nascosta nel passato, nei racconti di istanti lontanissimi, che mi ricorda molto Leonard Cohen, e le parole vengono spinte fuori da una forza lieve che non perde mai il contatto con la poesia. C’è qualcosa di magico intorno: sarà la densità dei sogni o la misura di un desiderio, la soluzione per sciogliere nell’aria un pensiero fisso o per renderlo ancora più ammaliante, e questo album sa come fare, come prenderti e portarti in un posto dove arrangiamenti dilatati e progressioni lineari conducono verso luci d’incanto.

L’eco di un frammento di bellezza risuona ovunque, e qui si accoccola in uno stile così pulito e lucido, perso in effetti dreamy a metà tra aneliti d’amore e fantasmi, che diventa immediatamente riconoscibile, che diventa un posto dove fermarsi per il tempo necessario, osservando il mare e sciogliendo i pensieri nell’aria.

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La recensione Float di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-10 00:00:00

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