Cannella Alla fine 2015 - Pop rock

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Post-rock e pop solo per cuori malinconici in cerca di futuro

Sembra che molta parte del rock contemporaneo “nasca imparato”. Oggi qualsiasi band esordiente porta con sé un bagaglio musicale enorme: l’ennesimo recupero dal grande baule del passato e ha inizio il gioco. Ma quando la sostanza va oltre il vernissage di maniera, è solo il tempo a dircelo. Per i Cannella la prima fermata del rock è “Alla fine”, un album che prenota il presente nel passato in direzione del futuro. Le dodici canzoni riecheggiano di chitarre post-punk, tratteggiando un rock che sa di alt-folk, new wave e pop: un arredo sonoro in cui sopraggiunge anche imprudentemente il dialetto siciliano.

L’ispirazione sembra provenire dagli Interpol, attraverso suggestioni felpate e avvolgenti. Le composizioni testuali si concentrano sui particolari: giochi di immagini in prospettiva olistica per raccontarsi. Le voci si alternano in canto, rotte dai tarli di un mondo popolare, perduto e lontano. Come in “Polvere”, quando fingere vale più che esistere in un tempo contraddittorio dai sogni infranti. Certamente ognuno segue la propria strada nei giorni dell’addio, ma rivivere negli occhi dell’altro è una speranza per il domani (“Come vada”). La canzone che dà il titolo all’album chiede con urgenza una soluzione per ogni sbaglio commesso, trovando un senso nel non senso, per poi intonare un canto di “Odio” che si conforta solo tra le strofe di una melodia (“Frequenze”). E se la felicità svanisse in autunno, bisognerebbe partire per un lungo viaggio con indecisa “malinconia”, sentendo addosso la libertà dell’ “aria” e l’insicurezza dell’andare altrove. Come migliorare allora la vita che ci circonda? Artificiale è l’esistenza in cui lo sbaglio non è tollerato e i messaggi valgono più della realtà (“Emergenza”); tuttavia essa non si ferma alle apparenze, superando i luoghi comuni nel paesaggio asciutto ed essenziale del mondo di “Malabbentu”, “Toi”, “Vennigna”.

Un lavoro poco allineato, in cui il gioco dei rimandi colpisce per gli arrangiamenti più che per i testi. Dal pop brioso, al rock malinconico, passando per l'elettronica, ne nasce una confezione che, trasudando anima anche quando sbanda, non inventa nulla ma dà forma a vecchie trovate con personalità e carattere. Da ascoltare.

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La recensione Alla fine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-04-26 00:00:00

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