Emenél Border Diary 2018 - Reggae, Elettronica, Afro-beat

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Elettronica calda e avvolgente per un esordio che convince

"Border Diary" di Emenél non è un disco, è un viaggio. Sì, lo sappiamo perfettamente: la metafora del viaggio per una qualsiasi opera d'arte, latamente intesa, è una delle comparazioni più sfruttate di sempre, ma aspettate un attimo. Per viaggio qui non si intende né un viaggio della mente né un viaggio dell'anima, ma un viaggio in un Flixbus che vi porta dalla morosa o un tragitto sulla 90 di ritorno da lavoro: non importa il luogo, importa il come, l'importante è che sia un mezzo lento, squallido e, possibilmente, un po' sporco. Ecco in questo mezzo voi siete o schiacciati in mezzo ad altri esseri umani, sofferenti e stanchi come voi, oppure infreddoliti, la mattina presto, quando il sole è ancora un lontano ricordo: in questa tragica situazione voi inforcate le cuffie e fate andare "KM" o "Nord" di Emenél. Ora il viaggio può davvero iniziare.

Pezzi come quelli citati sono incredibilmente evocativi, connaturati come sono da un'elettronica che lo stesso produttore definisce nera quindi calda e avvolgente, come un meriggio tropicale. Le canzoni che compongono "Border Diary" sono capitoli ideali di un viaggio dentro lussureggiante e ricco di spunti come una giungla dell'Equatore, fuori squallido e grigio come un orizzonte metropolitano. Proprio qui, in questa dicotomia naturalmente prodotta, sta la grandezza di questo disco: forse "Stelle Sporche", convince meno, un po' relegato ad un testo non di livello ed a un tappeto musicale non all'altezza.

Tuttavia Emenél ha talento e, in più di un'occasione, lo dimostra chiaramente in questo l'album. L'augurio è che non scenda dal bus ma prosegua il viaggio.

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La recensione Border Diary di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-03-29 00:00:00

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