VaccaBad Reputation2020 - Rap, Reggae, Trap

Disco in evidenzaBad Reputationprecedenteprecedente

Un disco capace di rielaborare le sonorità moderne con uno spirito d’altri tempi

Vacca è un personaggio che si ama o si odia, io mi limito a rispettarlo. Lo rispetto perché ha una storia che parla da sé, perché, un po’ come Feltri (ma decisamente in meglio), ha raggiunto uno status per cui non deve più dimostrare nulla. Potendo persino permettersi di affermare quel che gli pare.

Iconica, in quest’ottica, la sua ultima intervista a hip-hop tv, una chiacchierata volta alla promozione del suo ultimo lavoro degenerata in una digressione sulla scena rap italiana. Senza mezzi termini, senza tappi sulla bocca. E certo Vacca con la musica ci campa, e certo i dissing fanno sempre un certo clamore, ma qui non si tratta di rap commerciale, pur se il rapper italo-giamaicano ha attraversato pressoché ogni moda passeggera. Un nome costruitosi tra i sobborghi di Kingston, litigando con personaggi del calibro di Fabri Fibra.

Vero e proprio paladino di questo genere nella nostra nazione. Poca importano le sonorità che contraddistinguono ogni sua produzione, preso in giro ai tempi dei lunghi rasta quando andava forte il raggamuffin, Vacca ha attraversato ogni fase storica dell’hip-hop nel nostro Paese, dallo street rap alla trap, ma l’aspetto che ha sempre contraddistinto ogni sua canzone è la mentalità, la filosofia che sta alla base. Il rispetto, la colonna portante della musica dell’mc, il rispetto, il primo riconoscimento che ti devi guadagnare sulla strada, il primo valore che insegnavano quando ancora questa merda si chiamava hip-hop.

“Questi parlano male di tutti ma poi sono amici di tutti”

Ora che il rap ha sostituito il pop ai livelli mainstream, ora che ai nuovi teen idol della trap, infatuati dai successi di Gomorra e Romanzo Criminale, piace atteggiarsi da malandrini, ogni strofa di Vacca arriva come una mazzata a ricordarci che la vita reale è tutt’altra roba. Che certo, i social hanno promosso la cultura dell’apparire e sono parte fondante dello showbiz, ma proporre arte è un altro paio di maniche. Fare rap è un’altra storia. Insomma, farsi fotografare con le pistole in mano, insultare con termini poco consoni metà della scena solo per raccimolare qualche views, non vuol dire niente se dal vivo prendi schiaffi. Soprattutto, se le tue strofe non valgono un cazzo (emblematico, tra gli altri, il caso di Jordan Jeffrey).

Francamente, a parte le cannette, non mi rispecchio nella parabola di Vacca, non ho nessun tatuaggio, non ho vissuto in Jamaica. Emotivamente, mi trovo sicuramente più vicino ai rapper di oggi, ma rispetto a pieno il suo stile. E credo che un pizzico del suo spirito sarebbe tutt’altro che deleterio alla wave moderna. Bad Reputation non è altro che la riprova musicale di tutto ciò che ho appena affermato, un disco capace di rielaborare le sonorità moderne con uno spirito d’altri tempi, un album che, come nelle migliori correnti artistiche, è riuscito a preservare gli aspetti migliori della tradizione evolvendoli, valorizzandoli con featuring d’impatto e ben poco commerciali (En?gma, Sickness El Bandog, Vaz Tè)senza venir meno alla credibilità che da sempre ha contraddistinto questo genere.

Un disco rap con la R maiuscola.

---
La recensione Bad Reputation di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-27 16:14:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia