Kublai Kublai 2020 - Cantautoriale, Sperimentale, Elettronica

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Kublai: Kublai

«Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura. D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda».

Le parole che Italo Calvino affida a Marco Polo nel capolavoro letterario e architettonico de Le città invisibili non le abbiamo scelte casualmente per aprire il discorso attorno all'omonimo disco d'esordio di Kublai . Qui infatti non ci sono 55 città ma 9 brani che si vanno configurando come un dialogo tra due protagonisti, che sono probabilmente proprio il Marco Polo e il Kublai Khan dell'opera di Calvino; il cantautore struttura canzone dopo canzone un concept-album in cui alla fine della notte uno dei due protagonisti decide di togliersi la vita, lasciando che sia una voce sola ad esprimersi. Esattamente come le città descritte da Marco Polo nel suo viaggio letterario, Kublai lascia vivere canzoni che aprono la mente a immaginari molteplici e fantasiosi, in grado di concretizzarsi solo attraverso il mezzo che diventa arte, la musica in questo caso.

I brani che questo disco ci propone non sono costruiti insieme agli arrangiamenti ma sono affogati letteralmente nel contesto musicale, inseriti forzatamente e lasciati affiorare lentamente, di tanto in tanto, dal magma musicale nel quale respirano affannosamente. Ci si muove quindi tra racconti e movimenti a scatti, mantenendo un'affascinante forma incompiuta. Kublai ci regala un disco di musica d'autore, musica elettronica e musica sperimentale che affonda le radici in una tradizione accostabile al prog nostrano (come una sorta di novello Battiato delle origini) così come alle atmosfere e alla poetica più rarefatte di capolavori dei nostri tempi (viene in mente sopratutto Die di Iosonouncane). I brani che si alternano in un flusso intinterrotto sono delle perle assolute: una dopo l'altra abbiamo il privilegio di ascoltare "Orfano e Creatore", la meravigliosa "Cipango" (il nome con cui Marco Polo battezza il Giappone ne Il Milione) e la poetica ninna nanna "Lullaby". Scorci letterari di Cesare Pavese compaiono in "Alla Luce" ("Ma la luna ai falò/suggerì solo spiagge di cenere/sulla sabbia non puoi/costruire le case"), unitamente alla poesia fatta di concetti, aggettivi e profezie della stupenda "Musa". Il dialogo tra Mr. J. e K. ne "È l'ora delle visite, Vincenzo" chiude il disco toccando uno dei punti più alti, ricordandoci nelle melodie il miglior Moltheni e regalandoci uno dei testi più affascinanti ("Dottor mio, che dice? Devo andare via/ho il mare in lavatrice, giù in lavanderia/panni e pesci avremo da dividere/per moltiplicare queste viscere) tra storia della musica e tradizione poetica italiana.

Cos'altro si può dire di questo esordio? Un piccolo grande capolavoro, arte a trecentosessanta gradi, poco altro da aggiungere per qualcosa che è in grado di coniugare istanze artistiche e letterarie con talento e originalità. Perfetto.

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La recensione Kublai di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-12-04 00:00:00

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