È lo stesso autore (Francesco Truncellito per l'anagrafe di Matera) a definirlo “Horrorcore” e per quanto mi riguarda direi che possiamo pure starci dentro. Senza forzature. Sì, perché alla fine le quatto tracce de Il Veneficio Del Dubbio un po’ di tensione te la trasmettono davvero – a loro modo, certo – con quel loro rap darkeggiante fatto di strofe potenti, crude, oscure e frontali (“Perdo sangue tutti i giorni, mica ogni 28 / Questa stronza torna a letto già e mi trova morto” oppure “Vieni qui, ti voglio più vicina / Stesi sopra il letto, spargo benzodiazepina / Dopo la benzina, voglio darti fuoco, amore” o ancora “Lei si taglia i polsi, sangue sulle maniche / Non vedi? Queste pagine portano al margine / Vorrei leccarti il viso quando versi lacrime.”) e basi che trasudano plumbea desolazione (sub)urbana da ogni loro beat.
Derivativo quanto volete, per tutto quello sfaccettato micromondo rap/hip hop di casa nostra che si trascina dietro (da Nitro a Noyz, passando per Rancore e Dark Polo Gang), ma ciononostante sapientemente costruito – grazie anche al suo colto citazionismo storico/esoterico – per veicolare al meglio istintivi messaggi di autodistruzione, disagio, disperazione, rivalsa e amore (“Quanto sei bella quando dormi sul fianco / Quando baci m’incanto, quando torni riparto / Quanto vorrei vederti fuori dal branco.”).
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