La seconda parte di Taklimakan di Na Isna conferma la grandezza della loro musica, sospesa tra canzone d'autore e post rock, alla ricerca di una umanità rinnovata
Con Taklimakan parte seconda, i Na Isna si riconfermano dei fuoriclasse e il loro rock torna su strade secondarie, a larghezza d’uomo, non comode o facilmente percorribili ma piuttosto impervie. Consapevoli, ancora una volta, che avventurarsi in differenti possibilità sonore, alla ricerca di uno stile sempre originale, li conduce lontano, in questo nuovo ep ribadiscono il concetto già confermato con il precedente lavoro: la loro è una musica sospesa tra canzone d’autore, post-rock, indie rock, che parla di deserto dell’anima. Non si tratta di implosione nichilista quanto di desiderare di esserci nonostante l’aridità del nulla.
Il futuro presenta uno scenario poco sicuro, in cui gli effetti del cambiamento climatico inducono l’uomo a riflettere sul senso di responsabilità e sconfitta: “Brucerai come il pelo del petrolio o supererai te stesso, adattandoti anche a questo? Come fai a ridimensionare questo fallimento di sistema?” (Celesta). Forse esiste un nuovo modo di rappresentarsi per diventare esseri umani migliori: “Quello che ti serve è un sistema per mettere ordine alle cose e il coraggio forse di cambiare, di coprire le distanze…” (Space is the place); si può persino scegliere la vita come cupa rassegnazione (Il sale della Terra) o sentirsi parte di qualcosa di più grande di noi (In der mandel).
In un universo in cui l’uomo è minacciato da ciò che lui stesso ha prodotto, il migliore scenario possibile resta la musica, capace di resistere a qualsiasi nulla. E se il messaggio iniziale di Taklimakan parte prima era forte, con maggiore convinzione, questo lavoro rappresenta la continuazione di quel discorso, fatto di grande comunicazione interiore, trasformato in dialogo musicale di tutto rispetto.
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La recensione TAKLIMAKAN (seconda parte) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-11-04 17:08:38
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