Gallus Pluslapsus 2020 - Blues

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Il magnetismo blues di "Plus lapsus": un album strumentale che si ispira alla mitologia antica

Gallus vuole riappropriarsi del blues, vuole affondarci dentro l’anima e il corpo puntando tutto su sé stesso, sul suono primordiale di chitarra elettrica, basso e batteria e sul suo canzoniere nudo dal titolo strambo: “Pluslapsus”. Nessun effetto speciale in verità, se non quello di una passione atavica per un blues poco addomesticabile, imperfetto, che affonda l’ispirazione nell’antica mitologia sumerica. I pezzi del suo album vibrano di mistero, sono messaggi cifrati, visioni, pitture rupestri; le parole non esistono, i suoni parlano su tracce strumentali dalla narrativa sonora che spazia dal jazz al progressive, dal blues al rock. “Plus lapsus” è la storia di una cosmogonia antica le cui leggi hanno avuto origine dal dio blues.

Paleo jaz” apre l’album e vien da chiedersi se il titolo non nasconda quello che l’ascolto poi rivela: un jazz spoglio, scarno come l’uomo preistorico di fronte alla magia dell’universo. Spruzzate di rock progressive e blues incorniciano il magnetismo di “Poles invertion”, un’inversione polare dalla potente corrente elettrica che lascia il suo segno anche in “Jinsi”. La traccia che dà il titolo all’opera si erge imperiosa al centro della congiunzione astrale e i suoni di “Enuma elis” ci conducono al centro di un antico rito babilonese a celebrare la maestosità del cielo. “Sumerica” e “X vibes” sono passeggiate blues lungo scampoli di universo.

Gallus presenta un disco schietto, inciso con il punteruolo del blues su una parete di note scarne a ricordarci che la musica è una divinità antica che fa danzare gli astri.

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La recensione Pluslapsus di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-06-20 17:27:01

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