AEMAET - The Iconoclasts testo lyric

04/02/2013 - 20:37Scritto da AEMAET AEMAET2

TESTO

The Iconoclasts

‹‹Come inside the bunker
Here we'll be safe…
Our reverends are ready,
Our plans are at the end…››

‹‹Listen, my friends:

Now we are the Giants of History:
Immortal shades upon the human slavery.

Listen, my friends:
We will make it!››

“Destroy the churches and smash the bells
– Burn these fucked up fairy-tales!
Control their anger, point their wish
– Load up our guns and shoot again!

Hits the gavel, smiles the jury,
All our cousins… everything here everyone is mine!”

‹‹We will make it!››




Gli Iconoclasti

‹‹Rifugiamoci nel bunker,
qui saremo al sicuro…
I nostri reverendi sono pronti,
i nostri piani sono ormai imminenti…››

‹‹Ascoltate fratelli…

Ora siamo i Giganti della Storia:
Ombre immortali sull’umana schiavitù

Ascoltatemi fratelli,
noi lo faremo…››

“Distruggi le Chiese, sfascia le campane
– Brucia tutta questa sorta di stupide favole!
Controlla la loro rabbia, dirigi il loro desiderio
– Carica le armi e sparagli ancora!

Il martelletto ha battuto, ridono i giurati,
tutti nostri cugini…
ogni cosa qui, ogni persona è mia…”

‹‹Noi lo faremo!››

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DESCRIZIONE

2. THE ICONOCLASTS

Il secondo brano, che inizia proprio sullo sfumare del brano precedente, presenta le figure degli Iconoclasti, quella parte di umanità che metaforicamente è al governo del mondo e che quotidianamente organizza i propri piani per controllare in modo massivo il resto degli uomini; individui spietati che dimostrano come il mondo sia gestito e governato da forze malefiche, di cui sono totalmente impossessati e di cui sono i portavoce – sebbene il rapporto tra questi essere umani e queste forze malefiche non sia espressamente dichiarato e sancito ufficialmente, ma sia stretto in un legame più ambiguo e anche solo circoscritto alla sfera della spiritualità.
L’idea della reclusione (Come inside the bunker here we’ll be safe) deve invitare alla riflessione: gli iconoclasti si pongono a riparo da una situazione esterna di probabile pericolo e rischio (we’ll be safe), quasi vi fosse una minaccia di contaminazione nucleare, per la quale trovarsi a contatto con l’esterno implica il rischio di un contagio. Precisamente di cosa si tratta? Si tratta di una minaccia nucleare o di qualcos’altro? I versi successivi parlano di reverends e di plans: tutto sembra essere pronto. Ma per cosa? Sembra di essere giunti all’atto finale, allorché i piani degli iconoclasti, progettati da lungo tempo, stanno finalmente per realizzarsi. Questa certezza è enfatizzata dall’appello di colui che appare essere il capo degli iconoclasti, ovvero il protagonista del brano, che parla in prima persona – singolare o plurale, comunque prima persona – che si rivolge ai propri amici-colleghi-complici: Listen, my friends. Il termine succitato, reverends, senz’altro risulta essere ambiguo, poiché se gli iconoclasti furono coloro che distrussero le immagini sacre nell’VIII sec. e quindi, per estensione, sono coloro che vogliono sovvertire dei sistemi tradizionali ormai pienamente costituitisi come istituzioni tradizionali, i reverendi dovrebbero dunque essere nemici degli iconoclasti, qualora intendiamo il termine reverendo nella consueta accezione che rientra nel campo semantico ecclesiale. In questo modo gli ecclesiastici sono asserviti agli iconoclasti e partecipano a piani infernali. È forse più sensato leggere il termine reverend nella sua accezione più ampia, ovvero nella sua accezione antica, cioè di persona rispettabile e degna appunto di riverenza. L’ambiguità, senz’altro ricercata, alimenta in ogni caso la situazione di caos che viene a definirsi: a questo punto ogni cosa sembra non essere quella che dovrebbe essere, ed in effetti è un po’ ciò che accade nella realtà di oggi.
I versi successivi sono tremendamente eloquenti: Now we are the giants of history, Immortal Shades upon the human slavery. Il termine Giants, che abbiamo già incontrato in Vetus Ordo Seclorum, viene chiaramente ripreso. Giganti della Storia: coloro che attraverso il loro potere scrivono la storia. Il delirio d’onnipotenza è svelato nella auto-definizione di Ombre Immortali, poiché questi esseri umani davvero credono di non essere più semplici uomini, ma esseri sovrannaturali, e quindi anche immortali. Eppure, forse inconsciamente, si dicono spettri, ombre, shades: “ecco signori – sembra dire il capo iconoclasta – noi lo faremo, ci siamo, i nostri piani stanno per realizzarsi e tutto ciò che siamo sta per essere reale, vero, tangibile; sta per essere Storia”. Se ci riferiamo sempre al testo di Vetus Ordo Seclorum sappiamo anche che queste persone sono quelle che fanno muovere il grande Satana attraverso le speciali strette di mano di cui abbiamo già riferito. Quindi le conseguenze vengono da sé.
In questo momento del brano ci sono due contributi, due inserti tratti dalla vita reale, dal mondo vero e proprio, il nostro mondo fisico e tangibile; e il brano li presenta contemporaneamente in stereofonia (una voce sul lato sinistro, l’altro sul destro): si tratta della telefonata di Nixon dal suo studio ovale agli astronauti che sono sbarcati per la prima volta sulla luna nel ‘69 e l’annuncio della CNN riguardo gli eventi dell’11 settembre. Un velato riferimento riguardo la natura e la qualità dei piani degli iconoclasti, prendendo in esempio due momenti storici fondamentali della storia recente del mondo ed estremamente discussi, messi fortemente in dubbio da molti, anche da persone autorevoli, sempre e comunque messe a tacere. Contributi che tuttavia risultano celati dalla musica che li sovrasta e li rende difficilmente intellegibili.
La parte finale è un momento importantissimo, fondamentale nella struttura dell’intero disco. Un momento altissimo, che personalmente ritengo non faticherà a diventare un frangente fra i più significativi di questo disco: si tratta di una sorta di danza della follia, che mi piace assimilare alla danza della statuetta del Gesù nel film di Kubrick Arancia Meccanica (spero di non essere troppo presuntuoso, facendo questo paragone, ma non mi riferisco all’efficacia e al successo del’idea, quanto alla felicità artistica dell’espediente tecnico). Con il gioco dei cori viene emulato il momento in cui l’iconoclasta ammette qualcosa circa il metodo necessario per ottenere il raggiungimento degli obiettivi: Destroy the churches and smash the bells dice la voce del capo, ovvero distruggiamo la speranza, le credenze, la forza della fede che accresce le energie delle persone e a quelle credenze sostituiamo i nostri desideri e le nostre nuove immagini sacre, costruite a tavolino secondo obiettivi certamente immorali: Burn these fucked-up fairy tales rispondono in coro gli altri iconoclasti (lo suggeriscono i cori della voce), rispondendo in maniera quasi robotica, come se chi fosse all’interno di queste associazioni avesse ormai talmente interiorizzato queste nozioni da far pensare che siano stati soggetti ad una specie di lavaggio del cervello. Control their anger, point their wish, dice ancora la voce del capo, esponendo i precetti massimi della massificazione novecentesca, ovvero il controllo delle pulsioni bestiali che ogni uomo ha in sé , e che rende la massa controllabile come fosse un unico animale; e poi, una volta poste sotto controllo quelle pulsioni, indirizzare i desideri della massa, che in parole povere si traduce nell’afflusso di denaro verso prodotti che soddisfano non più il bisogno, come era un tempo, ma il desiderio degli uomini. Load up the guns to shoot again rispondono ancora gli altri affiliati, evidenziando tristemente la sete di sangue e di violenza (anche il verbo precedente burn lo aveva evidenziato) che inspira in loro il desiderio di premere ulteriormente il grilletto di queste armi, che come si è tentato precedentemente di suggerire – sempre velatamente – con gli inserti; si tratta di armi di distrazione di massa, per dirla con una felice espressione politico-giornalistica, e non per forza armi da fuoco o nucleari – sebbene il fatto che tutto ciò sia velato giustifichi un ascoltatore non troppo attento, e non troppo motivato a pensarla proprio così, in modo semplicistico.
Questa parte è un crescendo corale e metaforico, che pian piano arriva all’apice della follia. Ma è giusto notare fin da ora che senz’altro ha una forte vena malinconica.
Il discorso continua in prima persona, e non c’è più un coro, quanto piuttosto una doppia voce, che in quanto tale richiama ad un bipolarismo della personalità, una vera e propria schizofrenia; questo leader sembra insomma possedere al suo interno un animo scisso, e il fatto che la voce cantante sia la stessa anche nei cori potrebbe suggerire proprio l’idea che si tratti di un discorso totalmente interiore; che le immagini che abbiamo descritto siano solo immagini mentali. Hits the gavel smiles the jury All our cousins, Everything here everyone is mine! Siamo di colpo in una sala del tribunale, e questo ce lo fa capire il martelletto del giudice (the gavel) e la giuria (the jury) che ride, evidentemente perché conosce già il finale, poiché è costituita da cousins (termine conosciuto a chi si intende di massoneria, poiché i fratelli massoni si chiamano cugini). L’apice della follia si raggiunge allorché il kaiser ammette finalmente, in uno stato di ebbrezza dovuta inevitabilmente all’eccessivo potere, che ogni cosa sulla terra e ogni persona sulla terra è di sua sola e unica proprietà. La danza delle voci termina proprio sul mine finale, che nella lucida asserzione della massima follia ricongiunge tutte le precedenti voci nell’aggettivo possessivo singolare. La musica evidenzia questo terribile atto finale con la pausa di batteria e la persistenza di basso e chitarra su un intervallo cromatico: ora che neanche la legge può nulla contro gli iconoclasti il piano non ha davvero più possibilità di fallimento, e le forze diaboliche hanno ancora una volta trionfato sulla giustizia: il potere malefico può perpetrarsi e perpetrare, ancora più saldamente di prima, la conduzione del proprio volere. We will make it.

CREDITS

Drums: Stefano Di Russo
Bass: Cristian Ciccone
Guitars: Giovanni Ialongo
Voices: Cristian Suardi
Programming, Loops, Samples and Synths by Aemaet and Felipe Praino

Lyrics by Cristian Ciccone and Cristian Suardi

Recorded at Black Comics Home Studio by Cristian Ciccone in the summer 2012
Mixed and Mastered by Felipe Praino at his Creative Production Lab in the fall 2012

VIDEO The Iconoclasts

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ALBUM E INFORMAZIONI

La canzone The Iconoclasts si trova nell'album Human Quasar uscito nel 2012 per Audioglobe, Red Cat Records.

Copertina dell'album Human Quasar, di AEMAET

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L'articolo AEMAET - The Iconoclasts testo lyric di AEMAET è apparso su Rockit.it il 2013-02-04 20:37:36

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