Un po' di tempo fa ho scritto una bestemmia su Facebook. Il giorno seguente sono stata redarguita non soltanto da una persona molto cattolica, ma anche da gente perfettamente laica o addirittura atea che però si sente turbata dalla bestemmia e la trova di cattivo gusto, soprattutto se pronunciata da una donna. Volendo anche sorvolare su quest'ultima insulsa questione sessista, è interessante notare come sia ancora tanto diffuso lo stigma verso questo tipo di imprecazione e come, volenti o nolenti, usandola si sembra sempre un po' dei bambini disubbidienti.
C'è da dire che con le bestemmie si sfidano non soltanto i residui di millenaria morale cattolica che covano silenti anche sotto la coscienza più secolare, ma anche la legge. Sì, perché quello che non avevo considerato quel giorno è che la persona cattolica che mi ha sgridato avrebbe potuto addirittura denunciarmi, e io mi sarei ritrovata con una bella multa da pagare per aver bestemmiato “pubblicamente, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità”, come recita l'articolo 724 del codice penale. Certamente bisogna essere dei bei disagiati per mettersi a denunciare chi si lascia andare a un'espressione colorita al bar o su un social network, ma chissà che non sia anche per timore di essere sanzionati che è abbastanza difficile trovare delle bestemmie esplicite nelle canzoni?
Mentre non ci si è mai fatti grossi problemi con le parolacce (anche in quel caso non sono mancati problemi e censure, in passato), nella storia della musica italiana con le bestemmie ci vanno tutti cauti. Probabilmente una volta le remore erano dovute proprio a una legge più severa (la bestemmia diventa illecito amministrativo e non penale solo nel 1999) e una censura attenta in modi esagerati quando non grotteschi: fra le sue maglie restavano incastrati spesso brani che di blasfemo avevano poco o nulla, figuriamoci cosa sarebbe successo se qualcuno si fosse azzardato a tirare giù davvero qualche santo. Per fare un paio di esempi: i Nomadi ebbero problemi a far passare in radio non soltanto “Dio è morto”, ma perfino “Noi non ci saremo”, per via di un verso che paragona la neve a un “bianco sudario”, mentre è nota la storia del titolo e delle parole cambiate in “4/3/1943” di Lucio Dalla, originariamente chiamata “Gesù bambino”, i cui versi “e anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino” divennero: “e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”, così come l'ostracismo di tutti i canali, e anche delle case discografiche, verso “Io se fossi Dio” di Gaber. Meno celebri, ma degni di essere menzionati per la loro assurdità, i casi di un Baglioni che si vide contestata la sua “Notte di Natale” per il verso “Dio tu stai nascendo e muoio io” e del Battisti di “Dio mio no”.
Non c'è da stupirsi, vista la facilità con cui si gridava alla blasfemia, se per trovare una bestemmia esplicita in una canzone bisogna probabilmente arrivare al 1993 coi Nerorgasmo e la loro “Giorno”:
L'anno precedente Elio e le storie tese ne avevano nascosta una in “Supergiovane” mentre nel '95, per restare nell'ambito delle canzoni a dir poco curiose, esce “Una giapponese a Roma” di Kahimi Karie. Recentemente coverizzata da Il Genio, ma nella versione censurata, peccato. Ecco quella integrale:
Ancora negli anni '90, gli Afterhours imprecano in “1.9.9.6.” e i 99 Posse in “Spara”. Va ricordato anche Giorgio Canali con la sua “Lettera del compagno Lazlo al colonnello Valerio”, che viene scritta per la compilation “Materiali resistenti” del 2010 da cui poi viene esclusa, a quanto pare proprio per le bestemmie che contiene.
Un episodio che fa riflettere su quanto dicevamo prima, e cioè su quanto sia considerato ancora trasgressivo bestemmiare. È evidente che la percezione sia sempre quella di stare facendo – o assistendo a, nel caso dell'ascoltatore – qualcosa di provocatorio. Che lo si faccia in modo adulto e spesso politico, com'è il caso degli episodi rock e punk citati prima (Canali, 99 Posse, Afterhours) o goliardico e anche infantile, come la bamboleggiante Kahimi Karie o i Prophilax, che sulla scurrilità ci hanno costruito la carriera, una bestemmia non è mai messa lì per caso.
Come per tutto quello che ha carattere provocatorio, quando si parla di arte e dintorni c'è la provocazione sensata, contestualizzata e che magari non nasce nemmeno come tale (vedi proprio il brano di Canali, dove l'imprecazione è perfettamente intessuta nel tono partigiano del testo) e poi c'è la provocazione fine a se stessa, che quasi sempre sfocia nel capriccio infantile. Sia come sia, è chiaro che è proprio per questo carattere “proibito” che per trovare una maggior concentrazione di bestemmie bisogna rivolgere l'attenzione al genere che più di tutti fa della scorrettezza verbale un vanto e una bandiera: il rap, naturalmente. Per fare solo qualche esempio, potremmo citare “Due e trenta demmerda” di Primo
O, tanto per restare in zona capitale, “Sono di Roma” di Noyz Narcos & Chicoria, e ancora “Rap in vena” di Fabri Fibra o “Don Kaos” di Dj Gruff e Kaos.
Siamo comunque ben lontani dallo sdoganamento che c'è stato per altri temi censurabili, come le parolacce o il sesso (anche se con quest'ultimo siamo ancora in territorio pericoloso, magari ne riparleremo), e sembra francamente difficile che qualcuno possa intitolare una canzone con una bestemmia o, anche nel caso in cui venisse cancellato l'articolo del codice penale, che ci si presenti a Sanremo con un testo tacciabile di blasfemia.
Più probabile che continui, purtroppo, l'opera di una censura non ufficiale ma ancora solerte, come quella che ha impedito a Simone Cristicchi di inserire nel suo album “Fabbricante di canzoni” il brano “Prete”, fortemente polemico nei confronti della chiesa cattolica. Senza bestemmie, ma evidentemente il divino e tutto quello che gli gira intorno continua ad essere un tabù.
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L'articolo P**co C***to, offenditi: la bestemmia nella canzone italiana è ancora un tabù? di Letizia Bognanni è apparso su Rockit.it il 06/12/2016 11:32
Non so se può considerarsi una bestemmia, ma mi viene in mente “Droga Rap” dei Club Dogo, dal loro album “Dogocrazia” del 2009.
> rispondi a @djtonino87Nella seconda strofa, rappata da Jake La Furia, precisamente a 2:08, c'è un'imprecazione contro “il segno della croce”.
Anubi dei Witko.
> rispondi a @fabriziovarchettaIn “7 miliardi” del rapper Massimo Pericolo c'è una bestemmia censurata.
> rispondi a @djtonino87Il culmine a mio avviso si raggiunge nella canzone dei Koza Nostra "Piovono Bestemmie"... inoltre merita una citazione il brano "Santa Marinella" di Gogol Bordello, che riporta alcune imprecazioni e bestemmie in italiano che l'autore sentiva durante il suo periodo di permanenza nel Bel Paese
> rispondi a @dav.congiuNon solo nelle canzoni; in Sancta Susanna, un'opera giovanile di Hindemit che risale agli anni 20 del passato secolo, il finale prevede una monaca che nuda corre verso il crocifisso per abbracciarlo mentre il capitolo de le suore in coro canta "Satan".
> rispondi a @jhv48Ne fu impedita la rappresentazione a Roma agli inizi degli anni 60, attualmente si rappresenta ma la suora rimane vestita: per vedere la versione originale bisogna andare all'estero.