La Musica vivrà per sempre, è il sistema che muore

Il cambiamento era necessario già prima, gli ultimi mesi hanno solo accelerato questa esigenza. L’industria musicale è ormai fallata, non c’è più più bisogno di prove: di rifletterci su, invece, sì, come fa Tobia Poltronieri, artista cofondatore del collettivo C+C=Maxigross in questo articolo

C+C=Maxigross in concerto per “Deserto per Verona” - Monte Corno d’Aquilio, 4:8:19
C+C=Maxigross in concerto per “Deserto per Verona” - Monte Corno d’Aquilio, 4:8:19

Se si tende la mano verso ciò che piace o interessa, questo non è lavoro.

Vi è lavoro a partire dal momento in cui,

per procurarsi ciò che interessa,

si deve andare verso ciò che non interessa,

fare una deviazione,

passare attraverso degli intermediari.

Nel vero lavoro non c’è ricompensa immediata:

imparare a lavorare è imparare lo sforzo a vuoto (…).

Questo il concetto di lavoro secondo Simone Weil, parafrasato da Simone Pétrement in La vita –p. 91–.

Il virus mi ha salvato la vita. So che potrà sembrare un’affermazione pesante, ma con tutto il rispetto per le vittime, i loro parenti e chi sta tuttora soffrendo delle conseguenze drammatiche di questo enorme avvenimento, non posso negare che per la mia condizione personale i mesi passati mi abbiano costretto a intraprendere una strada per un cambiamento tanto interiore quanto pratico – ossia riscontrabile nella vita quotidiana – che mi ha portato in uno stato di grande equilibrio.

C+C=Maxigross in concerto per “Deserto per Verona” - Monte Corno d’Aquilio, 4:8:19
C+C=Maxigross in concerto per “Deserto per Verona” - Monte Corno d’Aquilio, 4:8:19

Fino a febbraio 2020 stavo proseguendo il mio "romantico" mestiere di musicista – come da una decina di anni a questa parte –, poi è arrivata una pandemia che ha interrotto tutte le attività pubbliche, compreso il tour nazionale del mio gruppo C+C=Maxigross. Mi sono così ritrovato senza lavoro, e mio cugino mi ha subito accolto nella sua ditta di corrieri in bici qui a Verona. Da marzo campo così, scorrazzando in bicicletta cinque mezze giornate a settimana. Ovviamente in attesa che tutto torni alla "normalità".

Domani alle 12:30 attacco il turno mattutino di consegne in bici in giro per il centro di Verona, torno a casa un paio di ore dopo, pranzo, e per le 16 circa riprendo per un altro paio d’ore. Tutto il resto del tempo lo investo, prevalentemente, in Musica. Non ho mai prodotto nè composto nè suonato nè registrato così tanta musica in un periodo così breve prima d’ora. Ma soprattutto era da troppo tempo che non producevo musica senza obbiettivi altri se non quello di divertirmi e basta. Senza scadenze e secondi fini. Senza calcoli e esigenze altrui da soddisfare. Senza distrazioni e stress causati da tutti questi paletti, spesso autoimposti.

Tobia al lavoro durante la pandemia, davanti all’Arena e Piazza Brà deserta, marzo 2020
Tobia al lavoro durante la pandemia, davanti all’Arena e Piazza Brà deserta, marzo 2020

Le vicissitudini artistiche e professionali degli ultimi tre anni hanno costretto me e il mio gruppo a fare i conti con un mondo che aveva iniziato a mostrare evidenti segni di collasso già da tempo. Come sappiamo bene sulla nostra pelle, finché il sano non si ammala fatica a capire la malattia e, dunque, il malato. Anche noi abbiamo goduto la nostra corsa finché abbiamo potuto, posticipando a un futuro indefinito il momento in cui avremmo provato ad affrontare molti degli aspetti dubbiosi che hanno fatto parte della cosiddetta "normalità" interrotta pochi mesi fa dalla pandemia.

Ci prendiamo eccome la responsabilità di aver accettato e, spesso, richiesto questo trattamento, non vedendo il motivo di richiedere dell’altro. Trasportiamo questo scenario di "vita normale" da musicista pre-pandemia, al momento presente e appena passato di emergenza. Quanti bonus emergenza, io come i miei compagni di banda, abbiamo potuto richiedere? Nessuno naturalmente.

C+C=Maxigross in concerto al Labirinto della Masone 17:8:19 - foto di Stefano Bellamoli
C+C=Maxigross in concerto al Labirinto della Masone 17:8:19 - foto di Stefano Bellamoli

In questi mesi per me di vita nuova, in cui le notizie del mondo qui fuori sono passate dal mostrare carroarmati come carri funebri fino a bar stracolmi ad una velocità spaventosa, rendendo l’assurdità palpabile di ciò che abbiamo appena vissuto come un brutto sogno che tutti vogliono dimenticare il più in fretta possibile, ho sentito un rumore per me sempre più assordante e incessante provenire dal mondo dell’arte, della musica, della creatività.

Questi i rumori all’inizio assordanti, si sono poi fatti sempre più lontani ed indefiniti, come la sirena di ambulanza che si propaga in lontananza proprio ora.

Quando questo rumore iniziava ad affievolirsi, un giorno sono incappato in un documentario sul leggendario Damo Suzuki, cantante giapponese conosciuto da chiunque abbia a che fare in minima parte con il pop rock  per esser stato parte del gruppo tedesco Can nella prima metà degli anni settanta, ossia il momento creativo per cui sono entrati nella storia della cultura pop mondiale. A un certo punto, in mezzo a tutti questi stimoli interessantissimi e tutte queste avventure artistiche che mi facevano voglia di ritornare nel Mondo con uno Spirito nuovo, Damo disse una cosa semplicissima che mi pietrificò: "La Musica non morirà mai, perché la Musica è Natura. E la Natura non morirà mai".

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Quando sentii quelle parole provenire da un signore di sessant’anni che da senzatetto a zonzo per l’Europa si è ritrovato a cantare di fronte a una band che fino a poche ore prima non conosceva – letteralmente dal pomeriggio alla sera, come la famosa storia racconta –, cambiando la storia della cultura pop, fuggendo da ciò che lui chiama "business" tre anni dopo, ricomparendo decenni dopo e tornando a fare Musica – tuttoggi, salute permettendo – in maniera libera, pienamente creativa e vivida, scollegato finalmente dal sistema classico da cui era scappato, scoppiai a piangere.

Damo Suzuki in concerto coi Can - Soest, 1970
Damo Suzuki in concerto coi Can - Soest, 1970

In tutti questi mesi di sconforto e pressione sociale causate – non solo – dalla pandemia, in tutti questi anni di discussioni con il manager, il booking e l’etichetta, i concerti che non saltavano fuori, il pubblico che non viene e non ti ascolta più, il promoter che non è contento e dice che fai musica triste, le recensioni che sono il copia e incolla del comunicato, i festival che vogliono qualcosa che abbia più follower, la fatica e il senso da trovare per andare in Puglia da Verona per 400 euro e dunque attaccarci altre date tappabuco – un esempio qualsiasi –, le playlist di Spotify dove sperare di finire, per non parlare di tutte le conseguenti tensioni personali e interne al gruppo, che altro non è che una relazione sentimentale a più persone, diluite in anni di vicissitudini, mi avevano molto semplicemente fatto mettere da parte la cosa più importante: la Musica.

Dov’era finita la Musica? Cos’è la Musica? In tutto questo rumore ho sentito parlare di tutto, lamentarsi di tutto, protestare, proporre, e tutte le variegate situazioni pocanzi descritte. Ma esse sono Musica? Come la intende Damo?

Illustrazione di Mattia Pasquali
Illustrazione di Mattia Pasquali

Come Damo credo che la Musica sia il Suono della Natura che gli esseri umani, sin dalla sua origine tentano di imitare, di riprodurre, di fare loro e sviluppare. Il canto degli uccelli, certo. Ma anche il fruscio del vento tra i cespugli di mirto, lo scroscio di un ruscello in Lessinia e il rombo frastornante di un temporale estivo. Niente di più e niente di meno, semplicemente il Tutto. Facendo un’analogia, neanche tanto forzata credo, con la situazione mondiale attuale, negli ultimi mesi il mondo occidentale contemporaneo ha avuto un terribile assaggio di cosa comporti l’allontanamento che sta avvenendo da secoli dell’uomo con la Natura. Più ci si allontana da essa, più la si dimentica, la si violenta, la si distrugge, la si sfrutta e la si umilia, più il disastro è dietro l’angolo. Anzi, abbiamo già girato l’angolo. E quello che stiamo vedendo fa molta paura.

Ritornando dunque alla Musica credo che quello per cui io mi sia preoccupato negli ultimi anni sia stato il Sistema della musica, cioè ciò che l’Uomo ha costruito attorno alla Musica. Un sistema che mi fa preoccupare di non finire in una playlist di tendenza di Spotify. Un sistema che proprio perché non finisco in una playlist di tendenza di Spotify mi fa credere che la mia musica non vada bene, in assoluto. Un sistema che se la mia musica non finisce su una playlist di Spotify fa sì che io faccia molta fatica a fare concerti, perché il promoter che organizza concerti, a cui il mio booking, ossia l’agenzia che si occupa di vendere i miei concerti, mi ha proposto, guarda la suddetta playlist per fissare i concerti.

Sullo sfondo, copertina di %22Deserto%22, ultimo album dei C+C=Maxigross
Sullo sfondo, copertina di %22Deserto%22, ultimo album dei C+C=Maxigross

Siamo sicuri che la protesta degli addetti al settore dello spettacolo, chiamata La Musica Che Gira, se raggiungerà i propri obiettivi cambierà la situazione che ho descritto qui sopra? Specificando che io personalmente, come ho raccontato all’inizio, non sono nella posizione burocratica e fiscale per poter richiedere il riconoscimento legale a cui mirano gli obiettivi del loro programma. Mentre probabilmente chi lavora al mio booking, al mio ufficio stampa, al mixer dei locali in cui suono vi rientrerà.

Tutte queste proteste e queste iniziative, come La Musica Che Gira o la manifestazione delle maestranze dello spettacolo all’apertura della ridottissima stagione dell’Arena di Verona, si muovono al grido de "LA MUSICA È UN LAVORO". Concordo, appoggio e capisco bene, naturalmente. E sono grato e lieto che questi lavoratori stiano lottando per i loro diritti.

Ma la domanda che mi pongo, e pongo anche a loro, è: siamo sicuri che ritenere la Musica, l’Arte in generale, un lavoro sia il giusto punto di partenza o punto di arrivo in un sistema del genere? E lo dico con il massimo rispetto, quando anch’io, come voi, ho perso questo lavoro.

In questi anni, il dubbio, la delusione e la frustrazione si sono fatti sempre più insistenti: non è forse una battaglia persa in partenza cercare di considerare la Musica e l’Arte un lavoro in un sistema consumista, capitalista, razzista, maschilista, spietato e tutte le peggiori conseguenze di questo stile di vita che mostra le sue estreme – e ahimè vicinissime conseguenze – in quello che vediamo avvenire ormai tutti giorni negli U.S.A? Vogliamo che la Musica faccia parte di quel sistema? Siamo sicuri che aspirare ad avere ed esigere soldi, bonus e sostegni dallo stato sia la soluzione ai nostri problemi di artisti?

Trionfo e danza della morte (1484-1485), presso Oratorio dei disciplini, Clusone (BG), affresco di Giacomo Borlone de Buschis
Trionfo e danza della morte (1484-1485), presso Oratorio dei disciplini, Clusone (BG), affresco di Giacomo Borlone de Buschis

Quando all’inizio della pandemia la Germania ha elargito 5000 euro da un giorno all’altro nei contocorrenti dei possessori di partita IVA – confermato da amici che vivono a Berlino, come sarà capitato a molti – all’inizio li ho invidiati. Ho maledetto il nostro stato "arretrato" e ho ammirato la velocità e prontezza della Germania. Poi, pian piano, mentre queste riflessioni si insinuavano dentro di me e i rumori erano sempre più assordanti, lo scenario di fare affidamento a un sistema – in questo caso, quello tedesco – per proseguire un percorso artistico indipendente e di sviluppo mi è sembrato dubbioso e pure rischioso.

Mi sono sentito dire dai miei più stretti collaboratori che non potevamo capire lo stress e la posizione di chi è addetto allo spettacolo "perché voi – artisti – avete comunque la soddisfazione personale di realizzare la vostra creatività". Credo che questo ideale occidentale dell’artista come personaggio romantico e maledetto, in balia delle sue pulsioni creative, sia oltre che datato, un luogo comune occidentale e contemporaneo che continua a fare danni, tanto quanto definire le donne "esseri superiori" e tutti gli altri luoghi comuni classisti e superficiali, come l’affermazione infelice poc’anzi riportata.

Direste mai a un panettiere che vi fa notare che la farina che gli vendete è troppo cara e non gli permette di vivere dignitosamente che non deve lamentarsi poiché il suo mestiere comprende anche l’inquantificabile soddisfazione di realizzare il proprio pane come desidera? Se invece il panettiere e il venditore di farina prendessero entrambi a cuore la questione del pane e lo rendessero sempre più buono, e cambiassero la percezione che ha la gente del pane, ne guadagnerebbero entrambi. Dovrebbero impegnarsi dunque a cambiare il sistema, ma lo sforzo porterebbe a un sistema virtuoso, che donerebbe benefici ai produttori, ai consumatori e al pane stesso.

C+C=Maxigross in concerto sul Lago di Garda per “Deserto per Verona” - settembre 2019
C+C=Maxigross in concerto sul Lago di Garda per “Deserto per Verona” - settembre 2019

I tempi che intravedo per la Musica e l’Arte, limitandomi all’Italia, mi paiono decisamente bui. E sinceramente lo dico con enorme dispiacere, ma anche con la certezza che senza la tabula rasa della pandemia questa discesa sarebbe stata ancora lunga, inesorabile e agonizzante.

Adesso, invece, siamo costretti a prendere due strade: provare a rianimare la carcassa martoriata e così ridotta da tutto quello che è successo fino ad oggi, o cogliere l’occasione per sgomberare la mente, abbandonare il peso delle vecchie logoranti abitudini, prendersi il proprio tempo per capire veramente cosa si vuole, e guardare verso nuovi orizzonti con degli occhi diversi.

Ho sentito dire che la gente ha ascoltato molta musica in streaming durante la quarantena come se fosse qualcosa di positivo per i musicisti. Certo, ormai la fruizione cosiddetta "liquida" è diventata la maniera principale di ascoltare musica, ma siamo sicuri che sia positivo? Positivo per chi? Per l’artista no di certo, considerando le cifre irrisorie, a mio avviso offensive e svilenti, che tutti i servizi – da quelli celebri a quelli più piccoli, Spotify in primis – pagano agli artisti. Anche in questo caso, come Amazon per le librerie e tutte le piccole attività, o sei con loro   –alle loro regole – o sei fuori dal mercato. La solita vecchia storia.

Per fortuna che esiste Bandcamp, che oltre ad essere da anni il più funzionale e pratico intermediario diretto tra l’artista e l’ascoltatore, in questo 2020 ha dimostrato con iniziative di sostegno per gli artisti  – lasciando la propria percentuale sugli acquisti ogni primo venerdì del mese interamente agli artisti – e per i movimenti contro il razzismo – come #BlackLivesMatter  di avere veramente a cuore la Musica, chi la fa e chi l’ascolta. Speriamo che resistano anche loro alla tentazione di diventare un’industria come le altre.

Studio Tega, la casa-studio dei C+C=Maxigross - di
Studio Tega, la casa-studio dei C+C=Maxigross - di

Di giorno, quando in bici porto in giro spese, prodotti farmaceutici di casa in casa, di signora in signora, guardo le strade piene del centro come se fosse un’estate qualsiasi, le stesse strade che tre mesi fa erano completamente deserte. Stranito, ma leggero, penso al peso che mi sono tolto non dovendo più sperare di avere un tour decente, che il tal promoter mi faccia suonare nonostante abbia poche views, sperare che la nostra etichetta sia carica come noi dell’ultima canzone, dell’ultima idea, dell’ultimo progetto pazzo che abbiamo ideato.

Qualcuno in piena pandemia – qui in Europa, considerando quanto si stia ancora diffondendo in America e in Oriente, per esempio – qualche mese fa ha detto: "non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema". Gli amici mi chiedono quando torneremo a suonare in giro. Non ne ho idea. Di suonare alle vecchie condizioni non mi passa per la testa. Di suonare a cachet ribassato "perché c’è la crisi", di suonare ancora in nero, completamente non riconosciuti, come se fossimo dei malviventi, in una società che ci spinge e relega ad essere tali, men che meno.

parte di C+C=Maxigross allAnfiteatro Del Venda, Galzignano Terme (PD) nel 2015 - foto di Fabio Valente
parte di C+C=Maxigross allAnfiteatro Del Venda, Galzignano Terme (PD) nel 2015 - foto di Fabio Valente

Le artiste e gli artisti, le pensatrici e i pensatori, le donne e gli uomini che mi ispirano, che mi danno speranza, mi hanno sempre spinto a pormi le mie domande, quasi sempre scomode e dolorose. Quasi sempre queste domande mi hanno fatto capire che la risposta che qualcun’altro mi aveva dato non valeva niente per me. Era stata confezionata per soddisfare la tendenza dell’uomo a ricercare qualcuno e qualcosa che pensi al proprio posto. Ma queste persone "illuminate" si sono battute per farmi capire che la mia risposta si trova unicamente dentro di me, e nessun altro mai potrà permettersi di formulare una risposta che valga per me. Queste persone hanno creato un Mondo Nuovo dove prima il mondo in cui si trovavano li umiliava, li sfruttava, li sottometteva. Eppure queste persone hanno avuto la forza della visione, per vedere oltre il muro che gli era stato costruito attorno. Hanno visto cose che hanno cercato, hanno raggiunto e ci hanno donato, nonostante noi ora le diamo per scontate, perché ci siamo comodamente abituati, ma che invece sono frutto di enorme dolore, lotta, energia, autocritica e coraggio.

La Musica, come dice Damo, non morirà mai, perché la Musica è Natura, e la Natura non si può fermare.

P.S.: Damo Suzuki vive in Germania e, come conferma un post su Facebook dell’amico musicista Luca dei Julie’s Haircut che lo conosce personalmente, naturalmente ha ottenuto e ricevuto tutti i lauti bonus dello stato per i lavoratori dello spettacolo che gli erano possibili. Mi pare la perfetta conclusione degna di un racconto Zen.

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Per leggere il racconto integrale di Tobia Poltronieri, La musica vivrà per sempre, è il sistema che muore, clicca qui.

Tobia Poltronieri (Verona, 1988) è un compositore, cantante e chitarrista italiano.

Co-fondatore del collettivo artistico C+C=Maxigross, con cui ha suonato centinaia di concerti in giro per il mondo dal 2010, ha registrato decine di dischi con svariati progetti (sia come musicista, che come compositore o produttore artistico) e suonato dal vivo/in studio con: 

Miles Cooper Seaton (Akron / Family, Michael Gira & Angels of Light), Marco Fasolo (Jennifer Gentle), Oliver Coates (violoncello per Jonny Greenwood e Radiohead...), Enrico Gabrielli (Calibro 35, Pj Harvey, Afterhours…), Lino Capra Vaccina (Battiato, Aktuala, Claudio Rocchi...), Hakon Gebhardt (Motorpsycho), Laetitia Sadier (Stereolab), Martin Hagfors (Home Groan, HGH, collaboratore dei Jaga Jazzist e Motorpsycho), Alessandro Cau (Any Other, Kid Millions...), Alioune Slysajah, Marco Giudici (Halfalib, Any Other) e molti altri.

Oltre alla musica si è dedicato all’organizzazione di eventi culturali e sociali, alla scrittura e alla ricerca in campo artistico.

 

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L'articolo La Musica vivrà per sempre, è il sistema che muore di Tobia Poltronieri è apparso su Rockit.it il 2020-08-21 13:15:00

Tag: opinione

COMMENTI (1)

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  • mario.miano.39 4 anni fa Rispondi

    Forse questo è un momento di fare musica davvero per se stessi e senza scopi, tanto è inutile. Valga solo un esempio recente: ho motivo di credere che "notti in bianco" di Blanco sia una delle migliori canzoni italiane da anni a questa parte, tra le poche a contenere un'euforia popolare come solo Vasco Rossi.
    Ebbene vedo che sta acquisendo una discreta popolarità grazie a qualche sponsorizzazione di FEDEZ (!). Quindi oggi puoi essere bravo quanto vuoi ma se non ti ospita Marra, se non ti sponsorizza Ronaldo su Instagram o se non hai il culo di incrociare un feat di Tha Supreme, allora non vai comunque tanto lontano.
    Oggi non interessa a nessuno che la musica abbia valenza, è il costante contenuto di contenitori potentissimi come telefonini, social e simili ma intercambiabile ogni minuto.
    Anna è un contenuto di Tik Tok ma quello che gli artisti non capiscono è che stare dentro a questo li pone come optional momentanei perché quello che veramente viene percepito è Tik Tok di cui si parla in tanti altri contesti di news, addirittura America e Cina.
    Era diverso quanto i contenitori potentissimi erano già musicali, dai giornali specializzati alle radio.
    Fino a qualche anno fa le best new tracks di Pitchfork davano all'artista una visibilità quanto meno a fargli cambiare status. Poi sempre quelli di Pitchfork (che nel frattempo sono diventati un contenuto di Conde Nast e quindi del lusso e della moda), hanno scoperto che l'unico modo di contare ancora qualcosa era quello di inventarsi che all'improvviso Lady Gaga e Taylor Swift facessero un pop capace di incidere sui tempi che viviamo. Perchè se oggi punti sul "nuovo" non ti caga nessuno e puoi fare tutte le best new tracks che vuoi ma gli streaming su Spotify non gli arriveranno e quindi tu non sei "defining" come lo eri un tempo.
    E' una situazione vomitevole da un lato per chi ama la musica come stimolo e scoperta ma nello stesso tempo non si può gettare la colpa agli altri senza proporre nulla.
    Per questo dovrebbero essere quelli dell'Industria Discografica a cambiare la percezione della musica stessa, dandole un valore che spinga la gente a spendere. A meno che la stessa industria a propria volta non recuperi i quattrini in altri modi. Vedete siamo sempre lì: la musica è ovunque, imperterrita e presente ma davvero non conta proprio niente.