Descrizione

C’eravamo quasi è il primo album in studio di Federico Fabi, cantautore romano che ha esordito nel 2017 con un EP autoprodotto in una cantina del suo quartiere Spinaceto (Roma), e che ha attirato da subito l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori. Anticipato da singoli che hanno avuto un ottimo posizionamento nelle principali playlist Spotify (Indie Italia e Scuola Indie, su quest’ultima Fabi è stato anche in copertina) C’eravamo quasi è un disco pop schietto e sincero, in cui sonorità retrò sono combinate con influenze moderne.

A differenza dell’EP autoprodotto Io e me x sempre, registrato autonomamente dallo stesso Federico, questo album è stato lavorato interamente in studio, con la produzione artistica di Matteo Domenichelli, ma è costruito con la stessa ricerca di essenzialità negli arrangiamenti che era del primo lavoro: non è un caso infatti che sia costante la presenza della chitarra dal suono naturale, della voce in primo piano e che ci siano pochi elementi musicali, con l’obiettivo finale di avere un lavoro minimal ed elegante. La continuità con il primo EP è anche nei testi costruiti su immagini semplici ma, proprio per questo, incisive, basti pensare a “Il raffreddore è bello perché me l’hai attaccato tu” o “Io sono cotto di te ma tu sei troppo al dente”.

Dal punto di vista tematico, C’eravamo quasi – racconta l’autore - è un concept album sulla nascita, la vita e la fine di una storia d’amore. I primi pezzi sono dipinti con l’allegria, per ritratte quell’euforia della fase iniziale di un relazione: l’innamoramento. Andando avanti, l’atmosfera si incupisce fino a tuffarsi nel buio totale degli ultimi due brani, le note della fine di un amore.

La scelta dei suoni si deve alla smisurata passione di Fabi per l’estetica vintage, che è anche nel suo modo di vestire, nella sua maniacale ossessione per il collezionare oggetti d’epoca, nella fotografia dei suoi video. Non ultimo nell’impianto grafico e visivo dell’intero progetto, realizzato in prima persona da Federico, che di mestiere è un grafico, e che ha voluto curare questo aspetto come artista a 360 gradi, nello spirito del do-it-yourself. Le scelte estetiche che caratterizzano l’arte e la quotidianità di Federico trovano le loro radici nella storia di un ragazzo testardo della periferia romana perennemente ossessionato da un attaccamento anacronistico al passato e ai suoi oggetti. Secondo Federico ciò che veniva creato nel passato aveva un’anima: Adesso è tutto molto piatto – dice - per esempio le automobili negli anni 60 avevano le forme delle donne si pensi solo al Maggiolino della Volkswagen”. Federico accumula oggetti “vintage” di qualsiasi tipo convinto che essi non tradiscano, non parlino e siano eterni.
Ho un'estetica tutta mia, non me n'è mai fregato assolutamente nulla del giudizio degli altri. – prosegue. Alle elementari andavo a mensa con la coppola, alle medie andavo in classe con l'Henry Lloyd, in primo liceo portavo i Wayfarer che erano spariti dagli anni 80 e mi ricordo che quelli del quinto liceo mi prendevano per il culo. Qualche anno dopo tutti con i Wayfarer. Stupidi. A Spinaceto mi conoscono come ‘quello con il pigiama’, quando vado a fare la spesa sembro il Grande Lebowski. Davvero non me ne importa niente. Un giorno mi piace sentirmi un Gallagher, un giorno Dylan, un giorno Tony Soprano. Copiare è facile, rubare è difficile”.

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