Descrizione

Dieci tracce (più una ghost track) nelle quali il cantautore napoletano, tra disillusioni e speranze, nostalgia e lucida analisi, rivendica il suo diritto a slegarsi dalle mode e seguire un percorso artistico che è anche stile e filosofia di vita, e che affonda le radici in un passato che non è vecchio o sorpassato, come il significato del titolo potrebbe indurre a pensare, bensì che alimenta una creatività senza vincoli e senza tempo.

Con tre album alle spalle e numerosi riconoscimenti ricevuti nel corso della sua carriera artistica, tra cui il Premio Siae / Club Tenco nel 2007 come Migliore Autore Emergente, Musicultura 2009, Premio “Alex Baroni”, Premio “Lunezia”, Premio “Lucio Battisti”, oltre a essere stato finalista nel 2012 delle Targhe Tenco nella categoria “Miglior opera prima” e due volte finalista al Premio “Fabrizio De Andrè”, Giovanni Block si divide da sempre tra musica e teatro, facendosi apprezzare in importanti collaborazioni con artisti e intellettuali come Mauro Calise, Sergio Cammariere, Fabrizio Bosso, Arnoldo Foà, Lello Arena, Luciano Melchionna, Cosimo Damiano ed altri. Tra le produzioni più recenti la sua prima colonna sonora, scritta per il docufilm dedicato a Massimo Troisi “Il Mio amico Massimo” di Alessandro Bencivenga, distribuito da Lucky Red.

Anticipato dal brano “Vi odio” e accompagnato dal videoclip del brano “Sposami sul mare”, “Retrò” è un lavoro pop con richiami alla tradizione dei cantautori degli anni ’80 che racconta le rughe di una vita vissuta, solcata da ricordi, pensieri e riflessioni. Gli arrangiamenti si dispiegano tra chitarre leggere, sonorità a tratti folk e tastiere armoniose, lasciando ampio respiro ai testi, parte portante dell’intero lavoro discografico di Giovanni Block. Un disco fatto di accelerazioni e riposo che piacerà a chi non riesce ad arrendersi all’inevitabilità del digitale e vive ancora in analogico. È malinconico e nostalgico, a partire dai riferimenti musicali e testuali: da Paoli a Dalla, da Gaber a Gaetano, da De André a Guccini, citando Quasimodo e cantando Pavese.

Parlando del disco Giovanni Block, tra consapevole ironia e un’amarezza venata di diritto alla speranza, afferma: “Io, cantautore classe 1984, pieno di disillusione e sogni infranti, mi osservo allo specchio e si, lo riconosco, sono allegramente Retrò, così come le persone a me più vicine, bisognose di fermarsi, di sognare e di sperare. Mai tristi, o forse semplicemente, mai troppo tristi. Sinceramente dissacranti, cinici, ironici, talvolta cupi ma mai spenti. Si continua a brillare di qualcosa che non si sa bene cosa sia ma che arde, sempre e comunque. C’è sempre una terza via, una scelta diversa da quella che percorrono la maggior parte delle persone, e che ognuno ha il diritto di fare. Da qui la mia rivendicazione dell’essere “Retrò”.
Retrò è la birra che prendi dopo il lavoro, la storia che ascolti alla fermata del pullman da uno sconosciuto. L’amore che non hai più vissuto. La valigia che non usi da tempo, il viaggio che hai continuato a rimandare. È il tuo gatto che ti graffia da anni sempre allo stesso modo e tu gli vuoi comunque bene. Retrò è un modo di essere. È un modo di stare al mondo e di farsi ascoltare. È il mio modo di scrivere e suonare.”

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