The Shape of Grapes to Come

The Shape of Grapes to Come

Homesick Suni

2021 - Rock, Folk, Garage

Descrizione

Interno giorno. Un salotto che ha visto giorni migliori; i poster con i cantanti, le locandine dei film di Woody Allen alle pareti non coprono l’odore dei solidi mobili di qualche nonna. Il braccetto del giradischi si solleva per un meccanismo automatico. Un divano sfondato, sul divano, A.
B apre la porta. «Fallo ripartire» dice A senza staccare lo sguardo dal soffitto. «Buongiorno, per favore, come va? Bene, grazie» puntualizza B mentre si sfila le scarpe e lancia la borsa con i libri. «Cosa ti costa?» sbuffa A «tanto sei già in piedi». B si trascina verso il mobile con il giradischi, abbassa la leva e, mentre il piatto riprende a girare, la puntina cala lenta sul vinile. Inizia a crepitare.
La musica riempie la stanza a volume da lite condominiale. «Ma che cazzo, A!». B si affretta verso la manopola dell’impianto. «Il rock si ascolta forte» replica A senza scomporsi. Tra le varie copertine sparpagliate sul mobile, B estrae quella del disco in riproduzione. «Sarebbe questo?». A si limita ad annuire. «Ma che roba è? Grappoli d’uva giganti? Sembra una pubblicità di una sagra del vino anni Settanta». «Questo accade perché non capisci un cazzo» replica A «è un quadro di Jamie Zuverza, un artista ammerregano».
B alza gli occhi al cielo, si allunga verso il tavolino davanti al divano, afferra un pacchetto di sigarette. «Fammi un po’ di spazio». Costringe A a piegare le gambe in modo da poter stare seduto. «Ho capito: Grapes, grappoli d’uva!» esclama B. A sfila la sigaretta dalle dita di B «Già, oppure grappoli di Furore, quello che mi sale ad abitare con te». «Vabbè, non prendertela,» continua B «registrato da Matteo Bordin...Slack! Records, sembra tipo, non lo so...la roba che sentiva mia madre da giovane».
A si alza. Fuma. Si mette davanti al giradischi, si lascia vincere dal movimento rotatorio. Il perno è il punto fermo attorno a cui gira il salotto, l’universo. Alza il volume al massimo: i brutti mobili, i poster, il fumo della sigaretta, scompaiono; al loro posto, chitarre e scie luminose saturano il tempo. “Hey! We are the Apes!”.
B si sbraccia e corre ad abbassare nuovamente. «Ma porca troia, A! Vuoi che chiamino gli sbirri? Lo sai che la vecchia qua sotto non aspetta altro». A è lontano, guarda la musica, la segue nel labirinto circolare di plastica azzurra. «Mi ascolti? Sembra che questo disco ti abbia fuso il cervello» dice B sventolandogli la copertina davanti al viso «Chi è? Chi sono? Cos’è Homesick Suni?». Per la prima volta A guarda B negli occhi. Gli posa una mano sulla spalla. «B, non capisci un cazzo».
B alza il volume a un livello intermedio. Ascolta la musica mentre ruba la sigaretta ad A, fa un paio di tiri e pensa. «Merda,» prorompe alla fine «ma ‘sto disco spacca! Perché non me ne sono accorto subito?»
A si riprende la sigaretta per l’ultima volta. «Tu sei un B» dice mentre alza Homesick Suni fino a cancellare la propria voce «questo è un disco da A».

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