La musica che ascoltiamo può dire molto di noi. C’è chi la utilizza per creare mappe che raccontano l’umore del mondo e chi sostiene che in futuro si potranno addiritttura prevedere i risultati elettorali semplicemente accedendo ai database dei servizi in streaming. Più cresce la consapevolezza che i nostri ascolti siano costantemente monitorati al fine di migliorare i servizi che noi stessi sottoscriviamo, più abbiamo paura che i nostri dati non siano al sicuro.
La Bose è stata accusata di non essere trasparente nella raccolta e nello sfruttamento dei dati di chi acquista e utilizza i suoi prodotti. La causa è stata depositata questo martedì in un tribunale di Chicago sotto richiesta di Kyle Zak che, a nome anche di altri consumatori, ha presentato una richiesta di risarcimento che potrebbe superare i 5 milioni di dollari.
Al centro del caso giudiziario il modello di cuffie wireless QuietComfort 35 e l’app Bose Connect che garantirebbe una migliore connessione tre le cuffie e gli altri device con cui ascoltare musica. Secondo l’accusa, l'app raccoglierebbe tutta una serie di informazioni - a partire dai dati personali, fino alla registrazione dei podcast o delle trasmissioni radio ascoltate - per venderle poi a diverse società, tra cui la californiana Segment, che si occupano di analisi dei dati.
(le QuietComfort 35, via)
Oltre alle QuietComfort 35, la causa cita anche altri prodotti Bose come le SoundSport Wireless, le Sound Sport Pulse Wireless, le QuietControl 30, le SoundLink Around-Ear Wireless Headphones II e i diffusori SoundLink Color II. Secondo l’avvocato scelto da Kyle Zak, Jay Edelson, le aziende come la Bose dovrebbero “essere trasparenti riguardo ai dati che utilizzando e ottenere il consenso dei loro clienti prima di monetizzare le loro informazioni personali”.
Al momento la Bose non ha ancora rilasciato un commento ufficiale sulla vicenda.
(via)
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L'articolo Le cuffie Bose “spiano” chi le usa? di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2017-04-20 09:23:00
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