I giorni della pandemia: isolamento, paura, incertezza. Lo spazio e il tempo dilatati, una percezione straniante e opprimente del presente. In quei giorni sospesi, per molti la musica è stata un’àncora, un rifugio, un filo invisibile. In quel buio, c’erano suoni che riemergevano con forza: le trame subacquee di Drexciya, le progressioni ipnotiche della prima IDM, la malinconia aliena di Aphex Twin, architetture elettroniche che non erano solo un ricordo nostalgico, ma un vero appiglio emotivo, carico di senso.
Edo Pietrogrande, alias P41, viene da lì. È cresciuto dentro quel mondo, con oltre un decennio di esperienza come produttore, sound designer e ingegnere del suono collaborando con giganti come Jeff Mills, Derrick May, Chris Liebing, Octave One, Henrik Schwarz, Francesco Tristano, giusto per citarne alcuni. E oggi sceglie di rilanciarne lo spirito, in un album che si muove con precisione tra ricerca e devozione, in uscita per la sua Festina Lente, “Computer Music Before AI Supremacy”. Un’opera costruita con rigore assoluto: undici tracce nate e finalizzate interamente al computer, utilizzando solo DAW, cuffie, scheda audio e controller. Nessun sintetizzatore esterno, nessun suono analogico.
“Ho cercato di lavorare a questo album seguendo una mia personale serie di regole, ispirate ma non rigide, come il Dogma 95 di Lars Von Trier. Volevo che ogni fase del progetto, dalla composizione al mix e al mastering, fosse frutto diretto della mia visione creativa. Un processo artigianale, autenticamente legato al gesto dell’artista”, spiega P41. “Questo album è un progetto 100% computer-based, per essere coerente con il titolo e riflettere su dove siamo arrivati grazie alla creatività e alla tecnologia, e su cosa ci aspetta, con l’avvento sempre più impattante dell’IA nelle nostre vite. Anche se è musica d’ascolto apparentemente ‘leggera’, ho voluto adottare un metodo che rendesse omaggio ai pionieri della musica elettronica, campionando le loro voci, citandoli, tenendoli vivi”.
Il risultato è un disco solido e brillante: a tratti astratto, ma mai freddo. Ricco di pulsazioni ritmiche secche e cesellate, di geometrie glitchate, di modulazioni digitali che si piegano a logiche quasi melodiche. L’approccio è minimale ma profondo, con una cura maniacale per il suono e per le texture, che spaziano tra techno mentale, ambient ritmica, breakbeat spezzata e sintesi granulare rarefatta.
“Computer Music Before AI Supremacy” è un lavoro che parla della relazione tra uomo e macchina, prima che l’intelligenza artificiale diventi egemone. Non è un disco contro il futuro, ma un gesto critico e affermativo: un modo per riaffermare la centralità dell’autore, del pensiero, della costruzione paziente. In un presente dove l’AI inizia a dominare anche la sfera creativa - normalizzando la ripetizione, gonfiando i profitti, appiattendo le sensibilità - questo album è una risposta consapevole. Una dichiarazione d’autore.
Una raccolta di undici brani che si muovono tra introspezione e groove, tra omaggio e rigore, mantenendo viva la tensione fra l’atto creativo e l’atto tecnico.
Un album che non semplifica, ma invita a riconoscere, oggi più che mai, il valore della visione.

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