Noyz NarcosGuilty2010 - Rap

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"Guilty" segna il ritorno di Noyz Narcos a tre anni di distanza dall'ultimo lavoro solista, indiscusso, "Verano Zombie". Ed è un ritorno che passa oltre. La musica passa oltre. Lasciandosi alle spalle le turbolenze mediatiche che per mesi hanno portato alla notorietà le vicende personali del rapper romano.

Le rime violente e le filosofie estreme degli inizi di "Non dormire" (2005), in cui Noyz si era presentato alla scena italiana come il futuro principe di un impero underground infernale, si affacciano adesso su un contesto maturo che conferisce al rapper tutto il clamore che artisticamente merita. A partire dall'intro di Necro, si avverte già da subito lo spessore musicale raggiunto dal tatuatore romano in questi quindici anni di attività, col guru americano che da costante riferimento qual'è stato per il death rap di Noyz, diventa in questo album il suo padrino d'onore, aprendo personalmente le danze di un circo fatto di inquietudini e perdizioni.

Prodotto Propaganda Records, l'album è distribuito da Universal. E per mettere in chiaro ogni fraintendimento: l'influenza, le scelte, gli espedienti commerciali, sono -assolutamente- ridotti ai minimi termini. Per tagliare in principio le gambe a qualsiasi incriminazione nei confronti delle evidenti scelte in direzione di un pubblico più vasto: il death rap di Noyz, mantenuto costante in questi anni, si ripresenta caldo e forte, esplicito, anche qui. Così, come già per il "Ministero dell'Inferno" dove l'accordo con major fu vicino dal compiersi, si rende chiaro l'interesse da parte delle grandi distribuzioni nei confronti di questa frangia estrema del rap italiano, auspicando la possibilità di affrontare un discorso di controcultura senza filtri, in risposta ad una società consapevolmente malata e disposta ad accettare sangue a quantità industriali.

Dall'inizio alla fine. Le tracce scorrono forti, fortissime, rese impeccabili dal lavoro magistrale di Sine in produzione e rese ancora più eccellenti dal supporto dell'inseparabile Gengis Khan. Gli scratch di quest'ultimo sono ormai da anni un punto di riferimento per lo stesso Noyz e per tutto il Truceklan, capaci di coordinare basi moderne ad un suono underground tradizionale fatto di piatti addomesticati come pochi oggi (non solo in Italia). I rimandi metal-core che dagli inizi caratterizzano il suono di Noyz si mantengono pompati con continui riff di chitarre e batterie menate su un impianto elettronico curato in modo evidentemente ricercato. Tappeti musicali, quelli su cui cammina prepotente la voce cavernosa dello zombie romano, che hanno la bellezza brutale di un suono duro ed hardcore di traccia in traccia sempre diverso. Poche brillantine, zero rimandi orchestrali zero ritornelli commericiali: "nell'hip hop dei poser scrivo strofe mostruose per madarti in overdose". Ai testi malati fatti di paranoie, follie metropolitane, droghe e perdizioni personali, si aggiungono probabilmente in modo più forte rispetto al passato, i riferimenti maturi di un ragazzo che vive con occhio sempre più consapevole una città come Roma, con il suo mutamento, con la sua militarizzazione urbana, nella fascistizzazione di uno "Stato n'do so nato e non so figlio".

A tutto ciò si associno poi gli immancabili rimandi cinematografici, per una crew come quella dei Truceboys, cresciuta a pane e Fulci: i riferimenti a tutta quella subcultura horror e splatter, costantemente proposta nelle rime del clan, si fanno ricorrenti anche qui, seppure in modo meno forzato rispetto al passato: un esempio di questa leggera attenuante è nella copertina, meno sanguigna del solito (anche dopo le proteste di gruppi femministi -in merito all'artwork del mixtape del 2009 "The Best Out Vol. 2"- e alle ovvie esigenze di dover far riscontro ad un pubblico possibilmente su larga scala: almeno in questo il compromesso con Universal, se di compromesso si può parlare, sembra evidente).

E tuttavia la sostanza all'interno non cambia. Aperto l'album l'impatto di violenza che si concentra in questi quindici pezzi è mostruoso. Così come mostruose sono le maschere che Narcos indossa nelle sue parole. Dissacrazioni, paure interiori, abusi personali. La consapevolezza di viver tempi brutti è tutta espressa nelle rime soffocate e nelle filosofie rabbiose di un'estetica malata figlia di giorni strani.

Ed infine le collaborazioni, che nell'album si presentano con featuring al top: dal tocco internazionale di Duke Montana, alla bellezza di un Fibra disinfestato dai reality show, passando per Nex Cassel, Club Dogo ("la crew che rappresenta per Milano Roma") e Marracash. Per ultimi Chicoria ma soprattutto Metal Carter e Cole, legati a Noyz dai Truceboys, punto di origine di tutta questa subcultura capitolina.

"Guilty" si presenta dunque come un altro tassello importante del nostro hip hop. Dopo il "Ministero dell'Inferno", chiara presa di posizione di una realtà artistica nuova cruda e bramosa di successo, che dalle borgate metropolitane a suon di schiaffi si è eretta tra i substrati proclamando uno statuto speciale della nostra cultura, ora "Guilty" rappresenta esattamente quello che avrebbe dovuto rappresentare: la conferma di un potenziale italiano che pretende i suoi riconoscimenti, la valvola di sfogo che si mantiene aperta e che incita l'espressione del disagio nel viver tempi così bui. Le letture che delle parole di Noyz Narcos si possono fare sono poi ovviamente diverse: tutto stà nel saperle dosare e dargli il giusto indirizzo riuscendo, perchè no, a percepire persino qualcosa di intelligente nel fondo di questa bruttura.

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La recensione Guilty di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-03-11 00:00:00

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