Biagio Accardi U munnu un'ave padrune 2013 - Cantautoriale, Etnico

U munnu un'ave padrune precedente precedente

Un buon disco folk, ma troppo teatrale non così di facile ascolto.

In un piccolo racconto autobiografico: Saramago scrive di suo nonno che pianta alberi e se ne prende cura per tutta la vita. Il senso spirituale del metter radici, del sentirsi parte del tutto, è la vera essenza umana: i contenuti di questo disco sembrano provenire da quelle memorie. E aggiungono dell’altro, nel ribadire che la diversità umana è ricchezza e che la musica corrisponde al suono del vento perchè non ha padroni. Buone le riflessioni e le parole trasportate da questo vento, un po’ meno incisivo l’impianto melodico di supporto al songwriting in alcuni arrangiamenti.

Canzoni popolari e costumi folkloristici svelano la magia dell’essere nel mondo, ma la musica non ne celebra adeguatamente il livello: come in "U munnu n’ave padrune", o in "Saglie"; interessante lo schema musica/parole de "L’albero che cammina" dove l’ethnic e il folk riconducono alle folate espressive degli Agricantus. "Piaciri e duluri" schiude sensualità assopite sul fondo di un ritmo ora trattenuto, ora morbido, come un piacere e un dolore da liberare. La voce femminile è incantevole. "Cu La capu mia" e "Lupus et vulpes" sono un omaggio alla meridionalità della musica italiana che, attraverso i dialetti e le tipicità sonore partenopee, sollazzano gli animi e i corpi.

Efficace tenuta e buona progettualità alla base dell’album; spunti corali della migliore tradizione popolare sorretta da testi significativi. Ma è un lavoro molto più teatrale che discografico perchè rimane impressa l’immagine piuttosto che il suono. Convince a metà.

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La recensione U munnu un'ave padrune di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-05-17 00:00:00

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