Pranava Glitch 2015 - Pop rock

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Le potenzialità ci sono, l’esecuzione dei brani è già di per sé buona, dove i Pranava risultano claudicanti è forse la scrittura, processo nel quale i modelli di riferimento risultano più ostativi che fonte di ispirazione

Il problema (almeno per me), con band come i Pranava, è sempre il medesimo: ma per chi lo fanno? Già, perché di fronte a prodotti come questo “Glitch”, ep d’esordio per il quattro teste pugliese, il riflesso condizionato è sempre il medesimo e mi porta pavlovianamente a pensare che un pubblico vero e proprio, per questo tipo di musica, non esista più. D’accordo, riflessione di sociologia spicciola, lo ammetto, ma i ventenni, oggi, non ascoltano più pop. Non lo ascoltano neppure i trentenni, tutti protesi verso roba minimal da club o ibridazioni assortite. Unica speranza potrebbero essere i quarantenni, cresciuti con il (brit)pop o l’indie rock dei ’90, ma con tutte quelle primavere sul groppone e strozzati dalle responsabilità famigliari, abbisognano di evasione e quindi giù di electroclash e avanguardismo spinto.

E allora? Direte. Chi ha ancora tempo e voglia di trascorrere quasi venti minuti della propria esistenza in compagnia di sonorità che sanno tanto di epic rock di stampo anglosassone (Coldplay e Starsailor su tutti) quanto di airplay statunitense? Non so rispondere, ma neppure mi interessa, perche questi Pranava ciò che fanno lo fanno bene e nel rispetto dei canoni che il genere richiede. Chitarre quasi sempe aggraziate e solo saltuariamente sopra le righe (il rigo), una voce funzionale che ben si amalgama con l’impasto sonoro e che timbricamente rimanda al fratello meno scemo dei Gallagher, una sezione ritmica composta ma che ben assolve alla funzione, sono le credenziali con le quali i quattro baresi si presentano e grazie alle quali confezionano cinque brani più che gradevoli.

“Antimatter” prende corpo come ballad per chitarra e voce per poi risolversi in un anthem rock da stadio; il singolo “Philtrum” è puro incedere oasisiano, ottimo biglietto da visita da presentare al casting per tribute band del combo di Burnage; “Touch Me Gently” è un mid tempo dal vago sapore maccheronico (la pronuncia ragazzi, la pronuncia!). “Yellow Stone” è una bella lullaby che ne smette i panni quasi subito per mutare in mini suite con coda di piano. Chiude “Challenge”, episodio con un tasso di muscolarità più alto di quello medio rinvenuto nel resto del lotto. Cosa dire? Le potenzialità ci sono, l’esecuzione dei brani è già di per sé buona, dove i Pranava risultano claudicanti è forse la scrittura, processo nel quale i modelli di riferimento risultano più ostativi che fonte di ispirazione.

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La recensione Glitch di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-06-25 23:00:00

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