Trecentottantamila e rotti chilometri separano Roma, città natale di questa formazione esordiente, da quel satellite che ha ispirato poeti e artisti di tutto il mondo.
Un pianeta grigio, algido, ma che non perde il suo fascino di ascendenza femminile. Come femminile è buona parte della band, nonché l’atmosfera sospesa e vellutata che si respira per tutta la durata del disco.
Dopo una partenza lenta e marziale, per lo più interamente dominata dalle armonie eteree della voce di Denise Fagiolo, le tracce si propagano in direzioni diverse, pur mantenendo la loro identità fragile e introspettiva: troviamo infatti sprazzi di moderna psichedelia elettronica (“Lo spazio curvo”), note dall’intenso sapore pop (“Ursula”) e chitarre riverberate che sembrano suonare da un mondo lontano anni luce (“Lo sguardo”).
Nove brani la cui costante sembra essere il distacco di chi guarda al cielo attraverso un velo, la cui consistenza rarefatta nasconde un profondo e insopprimibile desiderio di libertà e comprensione.
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