Un viaggio elettronico alla scoperta dei mostri nascosti nella normalità, tra luci stroboscopiche, corpi sudati e (tanta) disillusione
Quando utilizziamo la parola “mostri” siamo portati ad associarla a individui che si macchiano di crimini efferati: figure estreme e abominevoli che popolano le pagine più buie della cronaca nera (o diventano personaggi da serie TV). Eppure i veri mostri, talvolta, si celano dietro azioni ordinarie, normalizzate, all’apparenza innocue.
Ed è proprio contro questa subdola e pericolosissima schiera di "lupi travestiti da agnelli" che i P L Z hanno deciso di scagliarsi in Mostri Carini, il loro nuovo disco. A più di quattro anni di distanza da MEGA - loro prima prova sulla lunga distanza - Diego Palazzo e Giacomo Carlone tornano a indossare le loro maschere di latex, sfornando una decina di tracce che fondono senza soluzione di continuità la ritmica lisergica dellamusica elettronica con testi ferocemente immersi nella realtà che ci circonda.
Il risultato di questo connubio è un bizzarro esperimento cantautorale, filtrato attraverso le luci stroboscopiche, il fumo e il sudore di una dancefloor. Un ballo ossessivo in cui la retorica, spesso presente in questo tipo di scrittura, viene meno, lasciando spazio a brandelli di strofe ipnotici e laconici, che colpiscono per sottrazione.
Ascoltando Mostri Carini si ha l’impressione che i P L Z siano entrati in possesso degli stessi occhiali indossati da Roddy Piper nel film Essi vivono di John Carpenter: improvvisamente, in mezzo alla folla, emergono in tutta la loro ripugnanza uomini e donne all’apparenza rispettabili, con bei vestiti e sorrisi smaglianti ma che, forti di una posizione privilegiata, mettono in atto comportamenti discutibili al di là di ogni ragionevole dubbio. Individui capaci di manipolare la realtà a proprio favore, scivolando con inquietante naturalezza dal ruolo di carnefici a quello di vittime.
Dai social media che azzerano la complessità della vita sostituendo il dolore con una felicità artificiale (cose belle), alla capacità dei "privilegiati" di far sentire in colpa il "popolo bue" di fronte a qualsiasi critica che quest'ultimo rivolge loro (ricchi dentro), passando per figure prive di un reale talento ma in grado di catalizzare masse adoranti ai loro piedi (mostri carini), Palazzo e Carlone ci restituiscono uno schietto spaccato di un mondo sempre più in mano a mediocri figli di buona donna.
Una visione desolante e pessimistica – e proprio per questo maledettamente autentica – del nostro presente, che i P L Z immergono in un ribollente calderone elettronico, all'interno del quale convivono la frenesia rimbalzante della UK garage (ma dove corri), gli ipnotici groove della acid house (supermoon) e gli esplosivi breakbeat della big beat (slego / latex biosas).
E in questo denso magma di synth, sequencer e drum machine si muovono anche le voci dei due musicisti lombardi che, sepolte sotto una spessa coltre di effetti, assumono una doppia funzione, diventando al tempo stesso "ciceroni" del concept attorno a cui ruota l'intero album e strumenti al servizio di ogni singola traccia.
Mostri Carini è un disco fuori dal comune, capace di assumere una dimensione fortemente materica e fisica, affine in tutto e per tutto al mondo del clubbing, senza rinunciare a una scrittura consapevole e riflessiva. Un lavoro che, stimolando in egual misura corpo e mente, conferma come i P L Z siano un duo capace di andare ben oltre l’etichetta di "progetto valido", arrivando a rappresentare un vero e proprio unicum all’interno del panorama underground e indipendente italiano.
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La recensione Mostri Carini di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-12-15 17:17:35

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