MAGICOMAGGIOCartoline dall'esilio - Vol. IV2025 - Cantautoriale

Cartoline dall'esilio - Vol. IVprecedenteprecedente

Un disco per riscoprire il valore dell’attesa, dell’illusione, della malinconia.

Giunti al quarto volume del loro viaggio sonoro, i Magicomaggio tornano con Cartoline dall’esilio vol. IV, un disco che si lascia ascoltare con la naturalezza di un ricordo, di quelli che tornano nelle ore sospese del crepuscolo. Un'opera stratificata e densa, che si muove con la leggerezza dei sogni e la malinconia del tempo che ci scorre addosso.

Tempo, sogno, amore.Tre parole, tre traiettorie esistenziali, tre bussole che guidano un disco che è insieme diario intimo e manifesto collettivo. I Magicomaggio, fedeli a una poetica sempre più riconoscibile, si confrontano con le macerie dell’immaginazione contemporanea, chiedendosi se siamo ancora capaci di desiderare. In un Occidente anestetizzato dal consumo e dallo scroll compulsivo, il duo prova a rimettere al centro l’orizzonte, non quello della produttività, ma quello del desiderio, dell’attesa, dell’utopia.

L’ascolto di Cartoline dall’esilio vol. IV è come sfogliare una raccolta di lettere da un altrove emotivo. Ogni traccia è un francobollo da un esilio volontario, dove ci si rifugia non per fuggire, ma per capire. E come ogni buon carteggio, anche qui si alternano registri, toni, umori: ballate pianistiche che sembrano sospese tra Bill Evans e la scuola genovese, incursioni psichedeliche che ricordano certi esperimenti battistiani post Anima latina,  frammenti di Springsteen, echi sudamericani che sanno di frontiera interiore più che di geografia.

L’influenza del cantautorato anni ’70 è forte, ma mai manierista: qui non c’è nostalgia, c’è memoria. Una memoria rielaborata, vissuta, attraversata con lo spirito di chi non copia ma metabolizza. Il lavoro sugli arrangiamenti è, come dichiarato dagli stessi autori, ricco e variegato. Eppure non c'è dispersione: ogni canzone è vestita con l’abito giusto, cucito addosso con attenzione artigianale. Rock’n’roll asciutto, folk evocativo, standard jazz appena accennati, accenti latinoamericani: un mosaico di suggestioni che convive in armonia.

I testi sono, forse più che mai, visionari e simbolici. Non raccontano storie lineari, ma evocano stati d’animo, figure archetipiche, paesaggi dell’inconscio. C’è un’urgenza lirica che non cerca slogan, ma immagini, figure che restano incollate alla pelle e che ci costringono a guardarci dentro. C’è il rischio dell’enfasi? Forse, ma è un rischio che vale la pena correre, soprattutto oggi, quando il linguaggio sembra ridotto a didascalia.

La produzione, come sempre curata da Alessandro, è solida e ispirata. Ma ciò che colpisce è la sinergia palpabile tra i due membri del progetto: una complicità artistica che non ha bisogno di esibire virtuosismi, ma si affida alla fiducia, alla coerenza, e a quella che potremmo chiamare "visione condivisa".

 

 

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La recensione Cartoline dall'esilio - Vol. IV di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-07-28 08:09:00

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