Venticinque, episodio 9: irrimediabilmente Verdena

Il podcast di Rockit e Life Gate torna con la band che ha cambiato il rock alternativo in Italia. Dagli esordi leggendari di fine anni ’90 a “Volevo magia”, ci siamo fatti raccontare una storia unica e senza compromessi. Comodamente (più o meno) seduti nel loro Pollaio

I Verdena nel 1999 - foto di Giovanni Canitano, artwork di Giulia Cortinovis
I Verdena nel 1999 - foto di Giovanni Canitano, artwork di Giulia Cortinovis

“Com’era qua nel ’99? Di sicuro c’erano più alberi, al di là di quello non è che sia cambiato molto da queste parti”.

Luca Ferrari ci accoglie così. Dietro di noi c’è un piccolo edificio in muratura, da cui arrivano note distorte. È il Pollaio, il luogo in cui la musica dei Verdena nasce dalle prime jam fino al master finale, e in cui, come i sei precedenti, è nato anche Volevo magia (qua la nostra recensione), attesissimo nuovo album in studio della band (qua l'intervista ai ragazzi sul disco).

Atteso sette anni – fino a diventare qualcosa a metà tra il meme e la maledizione –, il disco è bello e struggente. È composto da 12 tracce, da Chaise Longue uscito come singolo pochi giorni prima delle release fino a Sino a notte, in mezzo qualche murata di suoni alla Queens of the Stone Age, alcune ballate ai confini con psichedelia e la solita attitudine a fare il cazzo che gli pare prima in sala prove e poi su disco. Qua trovate la nostra recensione. 

Luca Ferrari e suo fratello Alberto, assieme a Roberta Sammarelli sono i protagonisti della nuova puntata di Venticinque, il podcast di Life Gate Radio e Rockit – scritto da Dario Falcini, Giacomo De Poli e Marco Rip –, che torna con la sua seconda stagione e un nuovo ciclo di otto artisti e altrettanti episodi imperdibili, ogni mercoledì su tutte le piattaforme di streaming. Qua trovate tutto quello che è stato finora.

Per raccontare i Verdena e la loro unicità nel panorama italiano (e non solo) siamo andati sopra Bergamo, all’imbocco della Val Seriana. A casa loro, varcando le soglie di un luogo quasi sacro: il Pollaio. Che un pollaio lo è stato per davvero, anzi un po’ lo è ancora visto che sul retro c’è un aia con un gruppo di rumorose galline. Negli anni ’90, teenager o giù di lì, Alberto e Luca si mettevano al lavoro per trasformarlo nella dimora del loro sogno di fare musica, di “arrivare a Bergamo” con le loro canzoni.

L’audiodocumentario torna quindi subito indietro, agli esordi. “Dai 14 ai 16 anni si suonava tantissimo negli oratori, una casa per tutte le band delle valli. Poi siamo passati ai pub, che all’epoca facevano suonare abbastanza. Sempre senza cachet, ovviamente. Facevamo qualche pezzo nostro, più i Nirvana, i Melvins (torneranno diverse volte nel corso del podcast, a conferma della venerazione di Albi e soci per la band, ndr), persino i Green Day”, racconta ancora Luca, seduto come i suoi compagni su del pellet depositato in un piccolo appartamento che condivide con il Pollaio il giardino (“e dove tutti abbiamo lavorato almeno qualche giorno, ai tempi in cui c’era qua lo studio di contabilità”).

Era il 1999, foto di Giovanni Canitano
Era il 1999, foto di Giovanni Canitano

Arriviamo nel nostro racconto – in cui emerge una versione del tutto inedita del trio – al momento cruciale: il 1999, l’anno cui è “dedicato” questo episodio di Venticinque e in cui tutti si accorsero che qualcosa di nuovo stava arrivando da quelle valli poco distanti (ma solo geograficamente) da Milano. 

Alberto e Roberta ci raccontano la genesi del loro primo omonimo disco (qua la recensione d'epoca, siamo vecchietti...), le registrazioni in un paio di settimane a Firenze con Giorgio Canali (“avevamo i pezzi già praticamente pronti in studio”), le critiche ricevute in un primo momento. “Furono tante, anche aspre. Ma di sicuro dal vivo chi ci veniva a vedere si rendeva conto che suonavamo per davvero: forse quella era la differenza fra noi e tutti gli altri, se proprio devo dirla”.

Nel racconto della band – tra frecciate reciproche, silenzi e qualche stranezza (se no non sarebbero i Verdena) – si passano in rassegna i passaggi decisivi: i primi live con pochissima gente e poche settimane dopo il Gods of Metal e l’Heineken Jammin Festival, prima di Marilyn Manson e delle Hole. “Quella serata ho anche litigato con Courtney Love”, dice Roberta. “L'ho guardata male mentre suonava, perché il live non mi stava piacendo affatto e alla fine lei è venuta a cercarmi”. “Ed è una tipa enorme”, aggiunge Alberto.

Ancora i Verdena nel 1999, foto di Giovanni Canitano
Ancora i Verdena nel 1999, foto di Giovanni Canitano

Nella nuova puntata di Venticinque trovate anche le registrazioni in presa diretta di alcuni dei brani di Volevo magia fatti quel giorno (era luglio, la prima intervista registrata sul nuovo album) realizzate in sala prove. E mille altri ricordi, riflessioni e aneddoti, dove emergono i Verdena in purezza. 

Irrimediabilmente degli outsider, incapaci di scendere a compromessi pure con sé stessi. 

“L’unica regola per noi è sempre stata, per dirla alla bergamasca, Daga dét”, sintetizzano, prima di parlarci degli anni difficili del Covid, che soprattutto tra queste valli, sono stati uno choc e hanno inciso anche sulla realizzazione del disco. E poi il rapporto con i fan e i social, e mille altre cose. Per tutto il resto il consiglio è di ascoltare Venticinque sulle principali piattaforme di streaming

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L'articolo Venticinque, episodio 9: irrimediabilmente Verdena di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2022-09-28 09:33:00

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