Alba Caduca Uomo nuovo 2015 - Rock

Uomo nuovo precedente precedente

Un disco potente, ombroso e melodico allo stesso tempo, in cui convivono, con discreta efficacia, il rispetto per i canoni del genere e la voglia e la necessità di liberarsene.

Il nuovo album degli Alba Caduca, pur procedendo con una certa continuità lungo le strade già battute nei precedenti lavori, tende ad una forma compositiva ed esecutiva più lineare e coesa in cui affiora persino una certa propensione alla melodia dal retrogusto italico. Chitarra, basso e batteria suonano coerentemente al genere di appartenenza, cupi, scuri e potenti, sostenendo con ritmiche serrate e vigorose il percorso melodico della voce, a cui spetta il difficile compito di rendere efficaci e credibili, attraverso testi forti e sofferti (ma a tratti di maniera), architetture musicali tradizionalmente più affini alla lingua inglese. In diversi momenti, gli slanci vocali del solista spostano verso l’alto la gravosa tensione generata dalle potenti distorsioni, alleggerendo, con discreta originalità, uno scenario sonoro altrimenti troppo affine ai canoni del nu-metal statunitense.

Gli stranianti affondi nel rock alternativo (in alcuni frangenti appare addirittura lo spettro dei primi Marlene Kuntz) o nel pop-rock, non bastano a liberare la mente dagli ingombranti paragoni con le ombrose e drammatiche atmosfere codificate con assoluta pregnanza da formazioni come Black Sabbath prima e Korn o Deftones poi. Tuttavia, se da un lato l’impianto ingegneristico non lascia spazio a troppe variazioni sul tema, dall’altro l’architettura interna ed esterna di questo lavoro si arricchisce, con misurato buon gusto, di molteplici e variegati elementi decorativi come il pianoforte o certe interessanti sezioni elettroniche che odorano di krautrock. Il brano “Scarti di Stelle”, in cui le incalzanti distorsioni lasciano per un momento spazio alla dolce leggerezza delle chitarre acustiche, è forse l’unico episodio che possiamo definire - nella sua normalità - piuttosto anomalo rispetto alla restante tracklist.

Del resto, quando ci si muove dentro i confini di un genere ben definito, affrancarsi dai modelli di riferimento, tracciando una propria strada lungo i sentieri dell’originalità, non è un compito facile. Anzi, in alcuni casi è una missione del tutto impossibile. “Uomo Nuovo” è un disco potente, ben suonato e tecnicamente ineccepibile, che non ha nulla da invidiare alle blasonate produzioni americane. Il suo limite principale è quello di non riuscire pienamente a tracciare una propria linea di distinguibile originalità, restando in qualche modo intrappolato tra la volontà di spingersi oltre prestabiliti confini di genere e la necessità di trovare una collocazione spazio-temporale attraverso il rispetto degli insegnamenti imposti dai maestri.

A questa notevole band spetta il compito di provarci ancora: non per un vezzo, ma per la necessità di non correre il rischio di perdersi in mezzo al mare.

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La recensione Uomo nuovo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-22 00:00:00

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