Folkabbestia Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia... 2003 - Rock, Folk, Etnico

Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia... precedente precedente

Centinaia di concerti per l’Italia, da sopra a sotto, poi oltreManica fino agli studi della televisione inglese Bbc. I Folkabbestia sono una band da record, al di là del fatto che nel Guinness dei Primati ci siano finiti veramente per l’esecuzione musicale più lunga del mondo (trenta ore!).

E soprattutto non si sono montati la testa, rimanendo gli stessi frikkettoni che nel ‘96 partirono da Bari con il loro furgoncino Orazio, ricevendo sin da subito elogi da pubblico e critica.

Dopo i primi due dischi - anch’essi da Guinness per i chilometrici titoli: “Breve saggio filosofico sul senso della vita“, seguito dallo sgrammaticato “Se la rosa non si chiamerebbe rosa, Rita sarebbe il suo nome” - il trend ‘prolisso’ è confermato con questo “Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice”.

Gli ingredienti base dell’opera in questione sono gli stessi che hanno contraddistinto negli anni il sound dei Nostri: tarantelle, gighe irlandesi e ritmi balcanici in odor di ska-punk, il tutto condito da una briosa ironia. Il disco si apre però con un’insolita “La festa di Gigin”, caratterizzata da atmosfere tipiche della salsa sudamericana; ma già dal secondo episodio lo stile torna su strade più familiari con “Alla manifestazione”, uno dei pezzi ‘forti’ dell’opera. L’anima ‘politica’ è sempre presente, ma i temi sono imbastiti con tale umorismo e ironia da renderli leggeri, senza mai neanche sfiorare la banalità. Anche per questo motivo chi si ostina a paragonare i Folkabbestia con i Modena City Ramblers compie un grande errore, trattandosi di due band profondamente diverse, in alcuni tratti persino opposte relativamente alle scelte stilistiche.

Tornando a “Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice”, c’è da notare che è presente nella tracklist anche una cover; si tratta di “Qua si campa d’aria”, del grande cantore calabrese Otello Prefazio, che comincia con una dedica al ‘signor Giovanni’. Qualcuno di voi ora si domanderà: “E chi mai sarà questo Giovanni?”. In effetti, dietro questa piccola dedica, c’è una storiella molto simpatica che in pochi conoscono, e che - in esclusiva per Rockit - vi racconto brevemente.

Era una sera d’estate, a Cardinale - un paesino sul versante ionico calabrese - e in occasione della festa di Liberazione suonavano i Folkabbestia. C’erano le salsicce, le bandiere, le polpette ed il vino; insomma, una vera festa. Il concerto comincia, davanti al palco ballano ragazzi, bambini, mamme e anziani a braccetto. Tutti sono coinvolti, anche perché la band ci sa fare: parla col pubblico, scherza e come al solito non fa annoiare nessuno. Ma lo show deve ancora cominciare…
Il sestetto pugliese, infatti, dopo un po’ si arricchisce inaspettatamente di un nuovo (!) elemento; sul palco sale un signore sull’ottantina, il quale, con balli dalle movenze tradizionali, impreziosisce la coreografia della band, danzando con disinvoltura tra i musicisti che si guardano in faccia divertiti e sorpresi.

Appena terminato il pezzo, l’allegro signore si dirige verso Michele (il fisarmonicista) e domanda: “ ’A sai chilla ca fa na na naa, na na naaa?” e con ampi gesti delle braccia ad indicare il ritmo intona una canzone. Michele sorride e fa cenno di sì con la testa, ma probabilmente non aveva mai sentito nulla che suonasse in quel modo!

In men che non si dica il vivace signore si avvicina al microfono - fino a poco prima ‘strumento’ di Lorenzo - e comincia a cantare la sua canzone accompagnato dalla fisarmonica! I ragazzi sul palco e tutto il pubblico - come potrete immaginare - piegati dal ridere.

Alla fisarmonica si uniscono poi la batteria, il violino, la chitarra e il flauto, per dare vita ad una nuova canzone… e fu un successo (!), tant’è che l’ensemble allargato proseguì con altri tre, quattro brani, tutti tratti dal repertorio calabrese d’epoca.

L’anziano signore sembrava davvero ‘il settimo Folkabbestia’: danzava, scherzava, e si muoveva come loro. Quel signore si chiamava Giovanni.

Per tornare a noi, sul piano compositivo quest’opera si dimostra ancor più ‘evoluta’ dei precedenti lavori, mettendo ulteriormente in risalto le eccezionali doti tecniche dell’ensemble, specie nei passaggi strumentali. Gli arrangiamenti sono (come sempre) curatissimi e raffinati - e in questo di certo contano anche gli anni di conservatorio che tutti i componenti della band hanno alle spalle.

In conclusione, “Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice” è un disco solare e ‘positivo’ come il suo titolo, capace di appassionare dall’intro alla ghost-track. Da queste righe vi consigliamo di avvicinarvicisi appassionatamente.

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La recensione Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia... di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-08-24 00:00:00

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