2020: i 100 nomi dell'anno della musica italiana (pagina 4)

Un anno assurdo di canzoni e lunghi silenzi, un anno del nostro lavoro di tutti i giorni. Omaggiamo l'immensità di Gianni Mura, con la lista dei 100 uomini e donne che hanno maggiormente segnato il nostro 2020 (dalla A di Agnelli Manuel alla Z di Zen Circus)

Pala d'altare del maestro Simone di Guardistallo
Pala d'altare del maestro Simone di Guardistallo

FUSCO KETY

In Dazed, disco uscito in primavera per Sugar, tutto ruota attorno all'arpa, lo strumento con cui Kety Fusco, musicista toscana che da anni vive e suona in Svizzera, racconta se stessa e il mondo. Nelle nove tracce che compongono il disco l'arpa diventa di volta in volta qualcosa di differente, ora una Stratocaster, a volte un sitar e altre una chitarra acustica, poi tutte queste cose assieme e nulla che l'orecchio possa cogliere distintamente. All'estero la invitano a suonare un po' ovunque, pure ai festival metal, in Italia sarebbe il caso di fare altrettanto, quando si potrà tornare ad accalcarsi sotto a un palco. 

GAUBE

Ho seguito con attenzione nelle ultime settimane il Rock Contest di Controradio, di cui siamo stati partner, perché rimane uno dei pochi posti – purtroppo solo digitali quest'anno – in cui si fa e promuove musica nuova e dissonante oggi in Italia. Tra tutti mi ha colpito il secondo arrivato, Gaube. Si chiama Lorenzo Cantini, è molto giovane e viene da Grosseto, fa una specie di nuovo prog ben suonato (grazie al contributo di una band di conterranei preparati, tra cui spiccano elementi già al lavoro con Lucio Corsi). Sta lavorando a un concept album chiamato Confini, che siamo curiosi di ascoltare.

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GHALI

Negli ultimi due anni Ghali si era intristito, da tutti i punti di vista. Ho avuto a lungo la sensazione che la sua carriera potesse deragliare e sarebbe stato un gran peccato: quando l'onda lunga della trap si sarà esaurita, il suo è uno dei nomi che è bene rimanga. Per farlo la sua musica non deve smettere mai di evolversi e con DNA ha dimostrato di essere perfettamente in grado di farlo. Good Times – ideale seguito di Happy Days – è il pop da classifica come lo vorrei e mi auguro che l'artista di Baggio segua sempre più quella strada, perché è quello che gli riesce meglio e perché dopo anni il ritiro dalle scene di Stromae è ancora una ferita aperta.

GENERA FESTIVAL

Quest'anno fare musica dal vivo è stato quasi impossibile, a eccezione di quest'estate, quando farla è stato possibile, ma comunque un delirio. Eppure c'è chi non si è fermato nonostante gli ostacoli di ogni tipo, come il Genera20, che ha portato tante belle novità musicali a esibirsi in pieno agosto sui tetti di Cisternino, in Puglia. Una menzione che, però, chiediamo agli organizzatori di condividere con tutti gli altri festival, festivalini, concerti e manifestazioni di ogni tipo: è stato davvero un atto d'amore

GINI PAOLI

Per fortuna in giro c'è ancora chi fa musica da matti. Uno dei progetti più belli, in questo senso, viene da Genova e omaggia sin dal nome un grande della tradizione locale. I Gini Paoli si definiscono "progetto tropical-punk" e cantano in "itagnól", una specie di lingua inventata che fa di loro dei novelli Salvatore del Nome della Rosa. I pezzi vanno dal quasi reggae al quasi funky, dai ritmi carioca a echi di '90 italiani. E c'è pure parecchia politica, pensate che matti.

GIO EVAN

Sarà a Sanremo, e forse sarà l'occasione per capire un po' meglio cos'ha da proporre. Fino a ora, mentre con la sua attività editoriale continua ad accumulare numeri impressionanti, il mondo della musica lo ha abbastanza snobbato, trattandolo come una specie di influencer che viene a sozzare lo stagno dei cigni. Magari la sua canzone sarà orrenda, ma di musica brutta e inutile a Sanremo e non ne abbiamo sentita davvero tanta, e alcuna ce la siamo pure fatta piacere. O ancora peggio, forse il poeta di Molfetta è davvero il paraculo che tanti descrivono, ma di furbi che hanno trasformato la musica in meme negli ultimi anni ne abbiamo avuti parecchi, e a qualcuno abbiamo pure dato del genio. Non fosse altro che per fare ogni tanto ammenda, personalmente voglio sospendere il giudizio (perché sarebbe solo pregiudizio). E vedere un po' che ha da dire, al di là di alcuni haiku da biscotti della fortuna e dei dolori amorosi di Matteo Salvini

GITANO ROCCO

"Mo te dico 'a veretà, stongo cu Rocco Gitano/'Int'a n'ammore a quatto cerchi in lega, i tuoi smuntate". In Camminante Speranza a un certo punto canta così, facendo educatamente le presentazioni. Poi, per il ritornello, arriva una voce che richiama a latitudini lontane e inizia a cantare "Zingaro, tu me chiamme 'zingaro'/Je songo nu guaglione napulitano comme a te". Dei feat. presenti in L'ultimo a morire quello di Rocco Gitano è il più insolito e prepotente, oltre che quello che meglio di ogni altro racconta perché Ugo Scicolone è un personaggio "altro" nella musica italiana oggi. Superfluo dire che Rocco Gitano abbia colonizzato ogni possibile "wrappatura" dei miei ascolti di fine anno.

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GUAGNELI ANDREA

Non conoscevo Guagno e avevo ascoltato i Brothers in Law e la sua batteria due, forse tre volte nella mia vita. Li ho ascoltati con grande attenzione dopo la notizia della sua morte. Perché l'ascolto è una delle poche armi che abbiamo, e dovremmo usarla ogni volta che possiamo. 

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HELL ON MASK

In un tempo in cui siamo tutti bombardati di stimoli visivi e sonori tipo Trattamento Ludovico di Arancia Meccanica, si può ancora essere innovativi, originali e fare qualcosa che colpisca l'immaginario delle persone? L'impresa è riuscita a un gruppo di dieci ragazzi, 3 napoletani e 7 lucani, che durante il lockdown, ciascuno dalle proprie case ha creato una roba pazzesca, che hanno chiamato Hell On Mask. Il loro progetto si chiama Decameroom e consiste in dieci brani rap (e dintorni), accompagnati da dieci storie e dieci illustrazioni (molto fighe), raccolti in un cofanetto. In quel periodo, complici noia e ansia di non rimanere in silenzio troppo a lungo, tantissimi hanno riversato la loro creatività sul digitale, ma in pochi sono riusciti a bucare la propria bolla. Hell On Mask ha invece messo Decameroom su Kickstarter, chiedendo una mano per realizzarlo, e in pochi giorni è diventato il progetto più popolare della sezione musica della piattaforma, su oltre 61mila progetti da tutti il mondo. In questo modo i ragazzi hanno raccolto i soldi per realizzare 300 copie fisiche del disco e le hanno vendute tutte. E hanno già musica pronta per le prossime – eventuali e non auspicabili – 12 ondate.

HELL RATON

Ho una cotta per Manuel Zappadu dal 2016, da quando cioè lo vidi esordire con una dose impressionante di violenza sulla strumentale di King's Supreme, cantando cose tipo "Yo soy el demonio que voltea tu cruz máss speed que en speed flow" e portandoci in due battute nella giungla del Chocò in Colombia, ad aprirci la strada coi coltellacci tra le mangrovie. Nell'epopea decennale di Machete, la più esaltante del rap italiano dell'epoca post-pionieristica, Hell Raton – il cui padre ha una storia bellissima, da approfondire – ha avuto un ruolo determinante, contribuendo con le sue capacità e la sua empatia a trasformare una crew di amici sardi in un brand capace di imporre il proprio marchio sulla musica italiana e su tutto ciò che ha a che fare con il lifestyle. Che ora Machete si ritrovi sempre più spesso a conformarsi a prodotti che già funzionano mi pare un passo indietro: se a una certa età i crani spaccati sono da abbandonare, lo stesso dovebbe valere per i cuoricini con le mani. 

HILDEBRAND ANDY

Un anno fa, all'uscita di Persona di Marracash, Ivan Carozzi, scrittore e autore tv di cui ho il privilegio di essere amico, pubblicava sul Post una riflessione sul feat. di Madame nel disco e in particolare sull'uso che l'artista faceva dell'autotune nel brano L'anima. "Il risultato è una manipolazione di grande eleganza, accuratezza, sapienza, che rivela un’attenzione autentica per l’amalgama delle emozioni umane. (...) L’Auto-Tune sposta la voce di Madame in un regno di femminilità artificiale, ologrammata, sovrannaturale. È un sentire che in me ha rievocato l’esperienza di spettatore di fronte al volto di Rachel, la replicante di Blade Runner. (...) L’Auto-Tune possa aiutarci a capire di che pasta è fatta la nostra nuova anima". La suggestione era molto interessante, ma forse tale doveva rimanere. E invece nell'ultimo anno si è sviluppata un'argomentazione più realista del re, secondo cui "l'autotune è uno strumento musicale". Lo si è sentito ripetere talmente tante volte – in risposta alla tesi altrettanto lacunosa per cui "un vero artista non usa l'autotune, non si camuffa" – che sta diventando vero. Ci crederò solo se in un eventuale remake di Come son contento (hit del film Grandi magazzini) Lino Banfi suonerà un autotune.
Ps: Andy Hildebrand è un ex ingegnere elettronico della Exxon e musicista. Alla fine degli anni '90 sviluppò l'algoritmi che reggeva il funzionamento del software noto come autotune, crato per manipolare la voce, correggerne intonazione o imperfezioni e distorcerla. 

IOSONOUNCANE

Eravamo tanti, ma proprio tanti, ad aspettare febbrilmente il via del tour di Iosonouncane previsto per aprile, che lo avrebbe portato a suonare live per intero e in anteprima il suo nuovo disco, Ira, che colmava un vuoto di cinque anni dall'uscita di Die, uno dei dischi italiani più importanti del nuovo millennio. L'hype era più che giustificato: il personaggio, per vocazione e non per calcolo, ha gestito molto bene se stesso e la propria immagine in questi anni, la sua musica è una garanzia e lo show, ci è stato assicurato, sarebbe stato qualcosa di imponente e emotivamente forte. La pandemia ha rinviato tutto quanto "a data da destinarsi", che in questo caso non è un modo di dire. Non deve essere semplice, per chi con la propria musica ha un rapporto sacro e tutelare, rinunciare a fare ciò per cui aveva lavorato per anni e che finalmente era pronto a condividere con gli altri. Ci rimane la speranza – praticare ottimismo di questi tempi è difficile quanto necessario – che ad aprile 2021 il tour si farà davvero e potremo finalmente ascoltare Die (di cui non può bastare di certo l'assaggio avuto a Novembre)

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IMELIO ELISABETTA

La notizia arrivava tramite poche parole, in un periodo già di suo parecchio del cazzo: "L'Elisabetta è morta". Abbiamo ripensato tutti a quando eravamo giovani e facevamo delle bellissime cazzate, abbiamo ripensato a quanto sia importante cercare di essere felici finché ci è data la possibilità di farlo. Poi abbiamo riascoltato i Prozac+ fino a quando ci è venuto mal di testa. 

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JAMILA

Ha 19 anni, è toscana e a vedere le sue foto su Instagram con i dreadlocks, i drummini, le magliette No Tav, i baci e le serate punkabbestia con gli amici viene una tenerezza infinita. Almeno, per me funziona così. È fortunatamente ingenua ma incredibilmente determinata nel portare avanti la sua musica, canzoni che sgorgano da dentro e che rimangono sospese in aria. Se il music business cercherà altro, peggio per lui.   

(Continua nella pagina successiva)

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L'articolo 2020: i 100 nomi dell'anno della musica italiana di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-12-29 15:31:00

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COMMENTI (4)

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  • morenoilbiondo 3 anni fa Rispondi

    È un onore fare parte di questa scelta artistica. Moreno il Biondo di EXTRALISCIO

  • mattyballe 3 anni fa Rispondi

    Ottime scelte, sopratutto quelle più coraggiose e - a loro modo - rivoluzionarie come Extraliscio. Grazie all’autore!

  • elisabetta.sgarbi 3 anni fa Rispondi

    Una vera Enciclopedia, scritta da chi conosce a fondo la musica.Bravo Dario.

  • elisabetta.sgarbi 3 anni fa Rispondi

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