2025: i 100 nomi dell'anno della musica italiana (pagina 4)

Chi abbiamo amato, chi abbiamo mal sopportato, chi ci ha lasciato e chi si è mostrato per la prima volta. Ecco i 100 tra artisti, band e non solo che hanno segnato il nostro anno di musica

Mille

Un gran bel disco – in cui spicca la perla UMPM (un maledettissimo posto migliore) – che fa da Cassazione al fatto che siamo davanti a un’artista vera, che oggi ha definitivamente affinato le proprie intuizioni e trovato la forma più accattivante per portare a un pubblico largo il suo modo di fare musica.

Mind Enterprises

Il "Secco" e "Baffone" suonavano post punk in due band diverse, si sono conosciuti a Ypsigrock. Poi la vita in UK. Sono veterani innamorati della musica, che non hanno mai mollato. Ora sono diventati virali nel modo più inaspettato: con reel pieni di groove e stile. Così sono arrivati a Coachella e ora vanno in tour ovunque. L’engagement, quello buono. 

Neffa

Tutti hanno parlato del “ritorno del guaglione sulla traccia” dopo anni in cui aveva “abbandonato” la doppia H per sperimentare su altri lidi, insofferente verso quel ruolo di padre nobile della disciplina che pur si era meritato come nessun altro in Italia. E se il doppio volume di Canerandagio mixa la solita straordinaria attitudine, picchi e un flow talvolta indolenzito dal passare del tempo, sentirlo alle prese con le barre lascia sempre la lacrimuccia a chi ama il rap (e non solo).

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Not Moving

Qua il viaggio finisce. Ma ci sono tutti i motivi per essere felici di averne fatto parte. La loro storia rock e punk sembra più un sogno che realtà: nati all'inizio degli anni '80 a Piacenza, hanno suonato ovunque, aperto i concerti di Clash, Iggy Pop e altre leggende, attraversato l’Europa con le chitarre in spalla, rimanendo sempre fieramente indipendenti. E anche dopo cambi di formazioni, lunghe pause e reunion periodiche, ora sono giunti al capolinea. Con un ultimo bellissimo album si chiude la storia quasi cinquantennale di Antonio Bacciocchi, Rita Lilith Oberti e Dome La Muerte (e chi c’è stato prima). Un onore averla testimoniata. 

Oesais

Fratelli Gallagher chi? Mentre il mondo impazziva per la reunion degli Oasis, la Puglia celebrava questo ritorno con la loro versione molfettese: gli Oesais, sketch creato dal duo comico Toti e Tata e autori di una sfilza di parodie della band di Manchester in dialetto, che a loro volta sono tornati sul palco per una serie di live sold out. Culto assoluto.

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Olly

Per moltissimi aspetti è stato il suo anno, a cominciare da una vittoria a Sanremo che i bookmaker avevano nasato, ma il grande pubblico non ancora del tutto. Palazzetti, stadi, dischi d’oro, platino e probabilmente anche di qualche elemento sconosciuto dalla tavola periodica, per un successo davvero straripante. In tutto questo ricordiamoci che il ragazzo, per quanto abbia le spalle belle larghe, ha 24 anni ed è stato proiettato nel giro di pochi mesi in un meccanismo che può essere spietato. Speriamo tenga botta.

Palea

Vengono da Modena e sono giovanissimi. Eppure a vederli – nel look e nel modo in cui stanno sul palco – paiono dei veterani della scena psichedelica di qualche angolo remoto della provincia americana. Quelli che diventano leggenda a furia di tour infiniti e furgoni fermati a ogni posto di blocco. Gli auguriamo possa accadere anche a loro, che di fotta ne hanno tanta e ci hanno fatto saltare per aria per due mesi. 

Poi Giorgio

Lo abbiamo visto live all’ultimo MI AMI girando su una ruota panoramica. Da lassù il mondo sembra un posto bellissimo, senza streaming né finti sold out. Grazie di tutto, ragazzo nato a Novara.

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Ponte Gabry

È notizia di questi giorni che l’Inno di Mameli non avrà più il caratteristico “Sì!” finale. Il terrore è che venga sostituito da un canto che ha lasciato il PTSD a chiunque abbia visto anche solo 5 minuti del Festival di Sanremo: “Tutta l’Italia, tutta l’Italia, tutta l’ita-lià”.

Radiohead

Le polemiche sui silenzi e le parole affatto convincenti sul conflitto in Palestina, quelle sui biglietti del tour di ritorno, che dovevano essere “popolari” e “democratici” e con ogni probabilità non lo sono stati. Le loro date a Bologna hanno fatto discutere molto prima che il palco si accendesse. Poi non ha più parlato nessuno, perché la loro musica non smetterà mai di lasciare a bocca aperta. 

Raggi Thomas

E se alla fine fosse lui quello bravo dei Maneskin? Di certo, per ora, è quello più “coerente” artisticamente con un progetto che ha fatto breccia per la propria adesione (sonora ed estetica) a dei canoni rock che nessuno pare più voler incarnare. Ha fatto un disco con un sacco di grandi ospiti internazionali, il suono continua a essere potente e pulito. Non il massimo dell’originalità, quella non è mai stata la specialità della casa, ma di certo più intrigante del tentativo di fare la popstar “stampinata”.

Ricciardone Sergio

Se Torino negli ultimi è diventata la capitale italiana dell’elettronica, se è qua che ogni anno si possono vedere alcuni dei live più fighi del pianeta, tanto di quel merito va a Sergio Ricciardone, fondatore e direttore di C2C, morto a marzo per una malattia. “Una cosa che non riuscì mai a realizzare: una stanza in cui il DJ suona There is a light that never goes out degli Smiths, e in cui si può entrare solo a coppie. Sarebbe incredibile dedicargliela come tributo, ora”, scriveva l’amico e collega Carlo Pastore. Ci ha pensato Jamie XX a farlo.

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Rioda Fabrizio

Gli anni ‘90 a Milano sono stati qualcosa di speciale, e non è (solo) la nostalgia a parlare. Uno dei motivi è anche l’esistenza del mitologico studio di registrazione Jungle Sound, fondato da Fabrizio Rioda dei Ritmo Tribale, luogo per cui sono passati tutti i gruppi che hanno segnato quell’epoca, come Afterhours, Bluvertigo, Casino Royale. Una storia abbastanza incredibile, di cui ora abbiamo un prezioso vodcast come testimonianza.

Ruvido

ll Ruvido, Cristiano Baldo, ha fatto ballare tutti, in tutti i modi. Ha riempito l’etere della provincia di Varese sulle frequenze di Radio Lupo Solitario, poi con la Ruvido Kaos Gang ha animato i locali della zona. E un’infinita di live, i tour con i Punkreas o Omar Pedrini e altri vecchi amici che non mollano mai. 

Salmo

Spesso nel rap i ritorni alle origini van guardati con sospetto, soprattutto da chi se li gioca prima dei 30 anni. Mauri invece torna a casa per fare un disco enorme, Ranch. Roba che rimane da parte di un artista che rimarrà.

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Sammarelli Roberta

"Qualcuno già sa, qualcuno lo sospetta, qualcuno invece non se lo aspetta: non suonerò più nei Verdena”. Con queste parole Roberta Sammarelli, da sempre bassista del trio bergamasco, ha annunciato la sua uscita da un sodalizio di cui faceva parte dal 1996, quando Alberto e Luca Ferrari avevano da pochissimo iniziato a fare musica insieme. Non è stato un fulmine a ciel sereno, ma è comunque una notizia che non può lasciare indifferenti i fan di una delle entità più strafighe della musica di casa nostra. Ora prosegue con altri progetti – vedi Si! Boom! Voilà!, che escono a gennaio –, con tanta voglia di continuare a fare suonare il suo basso.

Satantango

Neanche il tempo di pubblicare il primo disco e già hanno… vinto il Premio Nobel. Pazzesco il tempismo dei Satantango, duo nato tra la nebbia e i prefabbricati della provincia cremonese, il cui nome è un omaggio all’omonimo film e al libro da cui è tratto (il cui autore, László Krasznahorkai, ha appunto vinto l’ultimo Nobel per la Letteratura), che descrive la fangosa e immobile campagna ungherese, per molti versi simile a quella in cui sono cresciuti Valentina Ottoboni e Gianmarco Soldi. Il loro primo disco, Satantango, è immaginifico e ipnotico, fanno uno shoegaze in salsa padana a cui è impossibile restare indifferenti. 

Selton

Il secondo volume della loro epopea Gringo, se possibile, è anche più a fuoco del primo. Fatto sta che questi ragazzi – da poco tornati dal loro Brasile, da sempre una delle ispirazioni della loro musica – continuano da tempo a sfornare nuova musica di livello altissimo. E la portano dal vivo con risultati coinvolgenti, anzi diciamo pure travolgenti.

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Senese James

Se Napoli negli anni è diventata una degli epicentri musicali del nostro Paese, e non solo, buona parte del merito va a una figura come James Senese, uno dei padri del "Napoli Sound", morto all'età di 80 anni. Sassofonista mitologico e indefesso, figlio di una ragazza campana e di un militare afroamericano, è stato l’architrave del jazz rock dei Napoli Centrale. Per più di 50 anni, James Senese non ha mai smesso di suonare: ora tocca a noi a tenere viva la sua musica.

Shkodra Elektronike

Nonostante la nomea di cloaca del trash che Eurovision fa di tutto per difendere, ogni tanto capita di beccare delle esibizioni veramente notevoli. È il caso degli Shkodra Elektronike, band di origine albanese cresciuta però in Italia. Possiamo averli ogni anno, per favore?

(Continua nella pagina successiva)

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L'articolo 2025: i 100 nomi dell'anno della musica italiana di V. Comand, D. Falcini è apparso su Rockit.it il 2025-12-31 16:06:00

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