Cos'è successo nell'elettronica italiana del 2016

Non sappiamo se i tempi sono già maturi per parlare di una vera e propria scena, ma di sicuro mai come quest’anno l'elettronica italiana è stata vitale e multiforme

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jolly mare - Jolly Mare

Lo scorso anno aprivamo il nostro bilancio sull’elettronica italiana con una considerazione: per quanto le produzioni fossero state moltissime e tutte di grande qualità, era forse prematuro parlare di scena, cioè di un corposo movimento musicale ben distinguibile; piuttosto c’era da rallegrarsi di una certa rinnovata attitudine tra i producer del nostro paese. L'espressione chiave associata poteva essere: “qualcosa di piccolo ma con enormi prospettive”.

Dodici mesi più tardi, cosa è cambiato? Non sappiamo se i tempi sono già maturi per parlare di una vera e propria scena musicale, ma di sicuro mai come quest’anno i riflettori italiani e internazionali sono stati puntati sui nostri festival e sui nostri artisti, sia quelli già conosciuti che quelli appena arrivati. Si può tranquillamente affermare che la musica elettronica sia (ormai? ancora?) uno degli unici generi musicali con i quali gli artisti italiani possono competere ad armi pari fuori dai confini nazionali.

Stiamo parlando di un suono che mai come in questo momento è stato così multiforme: con il termine "elettronica" si abbraccia oramai una corposa vastità di sottogeneri e influenze, e proprio gli artisti italiani l’hanno saputa sviscerare anche quest'anno formando un reggimento stilistico ben assortito, oltre che incredibilmente vitale.


Dunque, perché non partire facendo qualche nome? Quest'anno abbiamo ritrovato la guizzante dance degli ormai affidabili Tiger and Woods grazie al corposo "On the Green Again"; c’è stata poi la seconda uscita dei The Academy (TACDMY) in "Drunk Yoga Velvet Club" con una cadenza big beat sì, ma da easy listening. Dal Piemonte, nel frattempo, sono tornati a bagnarci le orecchie i Niagara con la descrizione astronomica del loro pseudo pianeta, nonché album, di nome "Hyperocean", descritto e raccontato come una distesa sterminata di acqua. Lo stesso elemento è stato anche protagonista del secondo ep degli AWHYL nel quale il gorgoglio e lo scorrere del fluido sono stati riproposti in chiave onomatopeica ed ambient in una raccolta di quattro canzoni intitolata "Natural Waves".

Negli stessi mesi, c'era chi in Salento pensava di raccogliere finalmente una serie più numerosa di pezzi e presentarli in un album di nome "Mechanism". Si tratta di Fabrizio Martina aka Jolly Mare, che con quest'ultimo lavoro ha voluto rendere omaggio alla musica leggera italiana e alle sigle RAI, lasciando comunque spazio alle sperimentazioni elettroniche contaminate da una spessa patina di funk.
Se Jolly Mare è ormai ben conosciuto anche all'estero, lo è ancora di più Dj Tennis. Nome che non avrebbe bisogno di presentazioni: la sua alternative house ha raggiunto ormai fama mondiale (una ulteriore conferma è il suo nome nella lineup del Primavera Sound 2017, un festival con un focus tutt'altro che elettronico) supportato dalle uscite 2016 di "Convex" e "Divisions Chirality". Delle hit sostanziose potrebbero poi effettivamente essere estrapolate dai singoli progessive house proposti dal duo Federico Mercuri e Giordano Cremona, noti ai più come Merk & Kremont, che nel 2016 hanno collezionato una cifra impressionante di date in tutto il mondo.

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Che dire poi di Lorenzo Senni e Not Waving? I due producer, che ormai costituiscono il centro nevralgico della nuova elettronica italiana, sono tornati qualche mese fa con "Persona" e "Animals" in cui distorsioni e riverberi imprevedibili hanno definito l'atmosfera nelle rispettive sale di registrazione tra un misto di elettrostep ed hip hop per il primo e dark wave per il secondo.

La techno, invece, è stata rivalutata in maniera del tutto personale da Vaghe Stelle: quella di "The Full Stream Ahead: The Prologue Ep" è musica da ascoltare senza il limite delle Colonne d'Ercole alle orecchie, tanto è proiettata al futuro. Su lande completamente opposte si è mosso invece Delta Club, dato che il suo ultimo ep "Fortitudo" si centra su dell'alternative dance con sonorità legate al concetto del luogo e del viaggio. Tra i pochi che sono riusciti invece ad infilarsi nel campo affascinante dell'elettro funky c’è Bruno Belissimo, polistrumentista applicato alla musica elettronica che ha come scopo principale della sua composizione il verbo ballare. Il turno dell'ispirazione jazz è stato invece quello di Filo Q, che con il suo "Jazz Crash" è riuscito in maniera originalissima a proporre frammenti analogici uniti però alla cassa breakbeat o a quella dancefloor. La lista va avanti con gli Anudo e soprattutto col giovanissimo Machweo. Girovaghi dell'Europa i primi, hanno saputo farsi apprezzare per i pezzi contenuti in "Zeen", sospesi tra un vecchio hi-nrg ed una nuova space disco. Il secondo, produttore classe '92 di Carpi, con "Musica da Festa" ha confermato le sue doti di abile produttore di un'intrigante emo trance istruita a colpi di piano.


Altra interessante novità è stata quella del downtempo dance di Nularse e del lucido synth dream proposto da Cosmic Falls. Intanto, Bawrut ha saputo riportare un po' più su l’asticella della (spesso abbandonata) deep house, mentre al contempo il duo Max Casacci e Daniele Mana (Glasstress), con l'omonimo album, ha saputo accarezzare l'oggetto alienante della musica concreta avvinghiandola da leggera elettronica melodica. Super interessante è stata poi la sperimentazione lanciata da Michele Mininni in "Hyper Martino" dove il connubio storico tra rock ed elettronica risulta, comunque, ancora imprescindibile. Pugliese Mininni, pugliesi sono gli Inude. Nel loro primo lavoro intitolato "Love is in The Eyes of The Animals", ogni eco, effetto e synth proposto è stato studiato e curato con grande attenzione e dedizione.


Lontano dagli Iori’s Eyes, L I M ha portato avanti un lungo lavoro introspettivo che ha acquisito la sua forma definitiva con l'ausilio collaborativo di Riva - ma anche di Federico Dragogna e Jo degli Aucan - coadiuvato da un periodo di ampia e sapiente ricerca sonora che ha lasciato una traccia indelebile in tutto l’ep. Un disco perfetto per ballare lentamente al buio. All’esatto opposto, invece, c’è stato lo scintillante lavoro di Mind Enterprises, un esercizio di stile entusiasmante, una miscela esplosiva caricata a cuori, coriandoli, funk e italo disco.

Quest'anno, la psichedelia nella musica elettronica ha guardato al ritorno di Sequoya Tiger (Leila Gharib) in "Ta-Ta-Ta-Time", uscito per la storica Morr Music. L'ambient, al contrario, è protagonista in "Dandelion to Neon" di Earthquake Island (producer oramai impiantato in Giappone) mentre la dubstep tinteggiata di house in "Higher EP" di Aquadrop. Da sottolineare sicuramente è stata la sorpresa degli Yombe (duo artistico e sentimentale formato dal produttore Alfredo Maddaluno e dalla cantante e songwriter Cyen, ospiti allo scorso MI AMI come pure la già citata Sequoya Tiger) e dalla voce, giunzione tra lo stile di cantautrici italiane storiche come Giuni Russo ed Antonella Ruggiero con la sperimentazione elettronica, della marchigiana Elle Hey.


Si potrebbe andare ancora più a fondo, giù tra gli strati più nascosti e interessanti del fervore elettronico italiano, ma non avendo pretese enciclopediche ci fermiamo qui. 

L’ultimo riferimento, però, va fatto a tre dischi non propriamente incasellabili nel genere, ma che hanno afferrato la materia elettronica per fonderla con qualcosa di nuovo ed estremamente godibile. Stiamo parlando, ad esempio, di Dardust, che nel suo “Birth” ha raccolto bene il legame tra accento neoclassicista pianistico e minimalismo nordeuropeo (non a caso l'album è stato registrato in Islanda), o di Pop X che con “Lesbianitj” ha usato l’eurodance più degenerata per raggiungere un livello catartico di débauche che sta raccogliendo un pubblico sempre più ampio.
Ma soprattutto stiamo parlando di Cosmo, autore di un disco che è stata la vera sorpresa di questo 2016. "L'ultima festa" è una sintesi convincente tra due lati che sembravano non riuscire a comunicare; il tanto bistrattato cantautorato degli anni duemila è stato affogato in un mix instancabile di acid house e techno beat, e il risultato è a dir poco convincente.
E nel frattempo, non resta che proiettare uno sguardo al futuro: nel 2017 molto probabilmente ci aspettano le nuove uscite di Capibara, Yombe, Go Dugong, Populous, M+A e molti altri.
Giorgio Moroder, Daniele Bandelli, Mauro Picotto e tutti gli altri possono dormire sonni tranquilli: i nuovi colleghi sono così tanti e capaci che la loro fama ed il loro apprezzamento avranno un degno seguito negli anni a venire.

 

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L'articolo Cos'è successo nell'elettronica italiana del 2016 di Danilo Giordano è apparso su Rockit.it il 2016-12-07 11:24:00

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